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MI VOGLIO CULLARE, CULLARE


Ecco una buona idea

MI VOGLIO CULLARE, CULLARE
Tra i pochi vantaggi “che la mia condizione mi dà” (Enrico Ruggeri), c'è quello di andarmene qualunquisticamente al mare, dove vivo, anziché alla festa di Repubblica. Stavo lì, immerso in quella trasparenza liquida e scintillante che magicamente mi teneva su (Archimede) ma se volevo la attraversavo con un dito, e sospiravo: ma siamo matti, perdere questo stato di grazia per andare a sudare seduti magari vicino alla moglie di Prodi mentre si esibiscono quel Frankenstein editoriale di Saviano, quella raccomandata di piombo di Benedetta Tobagi o quell'affondatrice di giornali di Concita de Gregorio? Per le leccate di piedi di tutti a tutti, che poi sarebbero l'ubi consistam delle “idee” di Repubblica?
Tra l'altro, in questo periodo tirano come non mai gli scendiletto, Travaglio di Grillo, Mauro di Monti e Scalfari di se stesso. Sarebbe questa l'informazione? Allora senti cosa fo, soddisfazione non gli do, “e quando vado al mare, a culo nudo sto” (Stefano Rosso). Mi pare ormai tutto inutile, e quasi quasi lo trovo un sollievo, tranne che star qui a farsi “cullare, cullare, posandoti su un'onda del mare legandoti a un granello di sabbia” (Nico Fidenco). E poi ci sono già le signore e signorine che in costume mi paiono più belle che mai (orgoglio testosteronico o rincoglionimento di mezza età?), e al mare si può leggere un libro sul funzionamento del cervello, fare la Settimana Enigmistica, sentire Chet Baker e anche tutte queste cose insieme in un solo pomeriggio ed è comunque tempo speso bene. Tempo che respira. E mi piace anche la banalità delle frasi da ombrellone, se i vicini sono persone per bene che sembrano sinceramente contenti di ritrovarti, vivo e in decente salute, dopo un anno. Le idee le scambio con loro, non nel sudario piazzaiolo snob di Repubblica. Quelli fanno ridere col loro cipiglio. Scalfari, e dai, su, questo barbogio incurabile che a 90 anni è ancora lì che briga e non sa d'essere l'allegoria della rottura di coglioni.
Quali idee, quale informazione? C'è un premier catastrofico e a Repubblica, con la scusa di metterlo a serrato confronto, gli stendono tappeti di lingua. Ma di che parliamo? La Fornero, bugiarda come Cacco, spaccia la cifra di sessantacinquemila esodati, poi un giornalista tira fuori un rapporto riservato Inps, che il governo conosce benissimo, e che parla di almeno 6 volte tanto, e a palazzo Chigi hanno pure il coraggio d'incazzarsi, perché è opportuno nascondere ai cittadini che hanno le pezze al culo, le percepiscono soltanto ma perché sono disfattisti. Figura da ricottari, come l'altra del decreto sviluppo che dovrebbe tirar fuori 80 miliardi, come dove e quando non si dice e non si sa. Famo così: se io ti passo una banconota da 10 e tu me la ridai indietro, il valore dell'operazione è 20 euro. Questa non è finanza creativa, è finanza cretina, degna di Monti. E lui ha il coraggio di dire che ha fatto di tutto di più ma non è colpa sua se il baratro ci insegue. Già uno che si esprime così andrebbe pomodorato, non slinguazzato repubblicanamente, fortuna che a “In onda” c'era Oscar Giannino, che mettetela come volete ma è uno dei pochi che sanno di cosa parlano e lo spiegano in modo chiaro e se occorre impopolare. Giannino è brillante, stravagante ma il suo rigore logico è implacabile, cioè è un liberale vero, razza in via d'estinzione. Alla Repubblica delle “idee” invece c'era una fanciullona che inanellando slogan repubblicani era convinta che la politica dei giovani la possono fare solo i giovani proprio perché non sanno niente, lei per esempio aveva 28 anni quindi le toccava. Da dove cominciare? E beh, questo si vedrà, apposta siamo qui a spremere idee come olive. Dieci, cento, mille volte Oscar Giannino (al quale Finardi, in un profluvio d'insulti, augurò praticamente un cancro da energia nucleare senza sapere che Giannino già ce l'aveva avuto e adesso assiste i malati terminali).
Ma sto divagando. Sono un senz'arte né parte, le mie idee non interessano a nessuno e non posso offrire alcun valido contributo all'idealificio di Repubblica blindato dai manganelli della polizia: non sono neanche pelato, anche se ormai la barbetta s'è fatta più sale che pepe). Per cui “voglio andare al mare”, anche perché, non faccio per dire, ma “vado al Massimo” (Vasco Rossi) e non me ne vergogno neanche un po'. Per me dovrebbero vergognarsi quelli che vanno a reperire idee con i sopracciò cocainomani e intrallazzoni di Repubblica, ma ciascuno sceglie di che morte morire.

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