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IO, UN VIGLIACCO


Fare la cosa giusta

IO, UN VIGLIACCO
La filosofia dei nomadi, dei gitani, non avere niente per avere tutto, non appartenere a nessuno per appartenere a se stessi, un barcone per girare il mondo senza farsene intrappolare, come Johnny Depp in Chocolate, mi ha sempre sedotto e potessi rinascere la sposerei, altro che giornalismo. Perché gronda orgoglio, avventura, indipendenza e dignità, fanculo alla casa fissa. Invece la cultura rom che pretende di essere mantenuta da chi nel frattempo deruba, quella mi ostino a non capirla, così come non riesco a concepire, tra gli altri, il sindaco di Milano Pisapia che pare avere cuore solo per loro e vuol fare “di Milano una città laboratorio”, con il che il numero di sbandati, di accampamenti e di tensione tra indigeni e zingari è triplicato in un solo anno di “buona” amministrazione. Sarò io razzista, retrogrado, ma non mi sembra che sia un modo felice di promuovere l'integrazione, casomai la diffidenza e la reciproca intolleranza. Del resto, tra quanti si sdilinquiscono per la meravigliosa civiltà dei rom, non ne ho mai trovato mezzo disposto a condividerci anche solo un piatto di minestra. Ma queste sono solo mie meschinità, sicuramente quando non io li vedo aprono le loro porte e dividono i loro mantelli.
Debbo essere proprio irrecuperabile, perché oltretutto non credo nel pentolone di culture mentre ripongo qualche residua, incerta speranza nella coesistenza di ciascuna cultura, a patto di rigare dritto. Vale per chi entra e dovrebbe valere anzitutto per chi nasce, a patto di non vivere in Italia dove, come noto, tutto funziona alla rovescia. Insomma sono un porco che non sa cogliere la sublime bellezza della cultura mendicante, e così mi ostino a scandalizzarmi di certe scenette contro cui m'infrango. Come oggi, quando sono uscito da casa di mia madre alle due del pomeriggio. C'erano 35 gradi all'ombra, nessuno per le strade e ad un semaforo un delinquente balcanico che faceva pulire i vetri delle macchine a un bambino di sei o sette anni. Aspettando il verde li guardavo, il piccolo già non si reggeva sulle gambe. Ho avuto l'istinto di scendere a litigare, poi qualcosa mi ha frenato, e ho una gran paura che quel qualcosa si chiamasse: viltà. Di sicuro non avrei ottenuto niente, tranne, forse, una coltellata in pancia. E non nascondo che l'idea mi ha fatto paura, e forse recedere. Ma forse, valeva la pena di tentare.
Invece in giro non si vedeva l'ombra di una divisa, e neanche un qualsiasi disgraziato disposto se mai a darmi una mano. E io mi sono voltato dall'altra parte. Ho dato gas senza riuscire a stabilire se sono diventato un verme, un cinico o soltanto uno che ha imparato a vivere. E sono stati cinque o sei chilometri lungo i quali non mi sono mai fatto tanto schifo. Eppure dentro di me qualcosa continuava a ripetermi che non avrei risolto niente, che se è il mondo intero a tollerare certe torture, è il caso di dirlo, alla luce del sole, non ero certo io a poterlo fermare e raddrizzare, e neanche a svuotarlo dai suoi oceani di nefandezze col cucchiaino. Ma bastava questo a tirare dritto come avevo fatto io? Una gran confusione in testa, che probabilmente nascondeva ammissioni più traumatiche. Stavo giusto infilando il vialetto che porta a casa mia, quando ho subito un rigurgito d'incazzatura: a cinquanta metri c'è il commissariato di polizia, dove tra l'altro conoscono più o meno tutti. Ho mollato la Vespa, sono entrato in tenuta da mare facendomi largo tra i cinesi che aspettavano i loro permessi, al primo sbirro che ho visto gli ho detto: ma vi pare possibile?
Han detto che mandavano subito qualcuno, sono uscito che già li sentivo telefonare. Non lo so se ho fatto la cosa giusta, come dicono gli americani, la migliore o se mi sono solo messo a posto la coscienza. So soltanto che non posso diventare giustiziere a quasi 50 anni: il costume di Batman tira sulla pancia e io non sono pratico di armi bianche, e oggi se non le sai usare fai davvero la fine del tonno.
Ma spero almeno che una macchina azzurra a quel semaforo sia passata davvero, perché quello scricciolo scuro non ne aveva ancora per molto.

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