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"ALLORA?"


Bivacco di manipole

"ALLORA?"
La parlamentare Alessandra Mussolini fotografata alla Camera mentre scrive una dedica su una cartolina che ritrare il nonno Benito Mussolini. La bizzarra richiesta, arrivata durante il voto di fiducia sul Ddl anticorruzione, è dalla leghista Carolina Lussana, che dopo aver raggiunto la nipote del Duce, estrae da una busta due fotografie "del nonno" ritratto in divisa e mentre fa il saluto romano e le chiede una dedica. E ovviamente scoppiano le polemiche quando Alessandra le autografa. Polemiche alle quali Mussolini risponde per le rime: "E allora? E’ mio nonno. Come mi chiamo io? Mussolini, non Rossi". "E allora? - continua - Ho dedicato due foto a una persona che lo voleva. Dov'è il problema?", domanda la deputata Pdl che passa al contrattacco e spiega che "mi meraviglia chi si meraviglia. Che devo fare? E’ mio nonno e a me fa piacere firmare una foto di mio nonno, se me lo si chiede. Mi fa piacere e lo faccio in tutti i luoghi in cui me lo si chiede".

Il punto è proprio questo. La Mussolini porta il cognome di un dittatore, del fondatore del Fascismo, e questo dovrebbe già bastare a non renderla eleggibile, a non farla mantenere quale parlamentare di uno stato più o meno democratico. Transeat. Ma la Mussolina non può cavarsela con un “allora?”. Allora che? Allora l'episodio in sé è più squallido che tragico, però qualche inquietudine continua a metterla, non foss'altro che l'oggetto dell'ammirazione di quell'altra degna parlamentare leghista, la Lussana, non può esser tanto la nipote quanto il nonno. Come si chiama lei? Mussolini, e l'orgoglio familiare, per quanto ostinato, dovrebbe restare una faccenda privata: non venire sbandierato, considerato tutto quello che comporta. “Allora” il nonnino, e scusate la pedagogia da scuola dell'obbligo ma evidentemente qualcuno lo ha dimenticato, è quello che ha soppresso ogni libertà democratica, ha firmato le leggi razziali, ha mandato nei campi di concentramento un certo numero di ebrei italiani. Può bastare? È quello che ha stretto il patto, tra l'altro non d'acciaio ma di burro, con un certo Hitler, quello che ha provocato una guerra civile, macerie difficili da ricostruire a tutti i livelli. È anche quello che, volente o nolente, ha originato una certa idea dell'antagonismo, che da noi è patologica per dna sociale, ma che in parte si giustifica con un regime autoritario durato 20 anni. Non siamo quelli dell'antifascismo militante e permanente, non pensiamo neppure, con Giorgio Bocca, che gli italiani restino fascisti, anche se qualche avvisaglia di tanto in tanto lo lascia sospettare. Ma l'episodio della foto del duce dedicata, a gentile richiesta, fra parlamentari della repubblica italiana e proprio dentro l'aula sorda e grigia, bivacco di manipole, lascia lo stesso in bocca un fastidioso retrogusto di merda. Allora?

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