LA SCOPA
L'altra sera la trasmissione
“Prima serata” con cui Vespa s'è allargato, appunto, al prime
time, era piuttosto interessante, c'era Maroni che parlava come Lenin
dopo la rivoluzione d'ottobre. Vespa è riuscito a fargli ammettere,
tra un sorrisino perfido e uno maligno, quello che si era bell'è
capito, ma che così ha assunto il crisma dell'evidenza,
dell'ufficialità sancita dal potere: tre mesi fa la Rosi Mauro era
quasi riuscita a far fuori Maroni, con l'avallo del sempre più
inconsistente Bossi. Maroni, mobilitando la base, ha tenuto duro, ha
risalito la china e poi ha incaricato chi di dovere di andare a
spifferare un po' di cose alla magistratura. Muoia Sansone con tutti
i filistei. Ma Maroni non è morto, ha scalzato Bossi facendo sì che
la sua famiglia venisse travolta; con il clan, anche la badante
acquisita, Rosi Mauro, la nemica numero uno, che paga per tutti e più
di tutti. E l'altra sera, alla surreale serata dell'orgoglio padano,
Maroni si è presentato con una eloquentissima scopa (“la scopa di
Dio”, diceva Toni Negri), per dire che lui, la pulizia che andava
fatta, l'aveva già conclusa. Inoltre ha dato l'abbraccio della morte
al vecchio leader distrutto: con un braccio l'abbracciava, con
l'altro brandiva la scopa. Adesso vedremo se, come e quanto potrà
recuperare i consensi Maroni, come riuscirà a rimettere in
carreggiata il partito. Naturalmente il repulisti
interno è una balla, per ripulire il partito bisognerebbe abolirlo,
come gli altri. Si tratta di illudere i militanti più fanatici, cioè
tutti. Intanto, è stato abbastanza accorto, e
cinico, da tenere il vecchio Boss, sia come specchietto per le
allodole padane, sia come memento mori: vedete come finisce chi prova
a finirmi. I terremoti in seno ai partiti non nascono per caso, le
inchieste che li aggrediscono nascono sempre pour cause,
perchè se c'è una cosa da cui i giudici, potendo, stanno alla
larga, è proprio la faida con il potere politico. A meno di non
avere inderogabili motivi per scatenarla.
Il bello, è che Maroni
si è limitato a consegnare su un piatto d'argento ai giudici quello
che accadeva in seno alla Lega, e che naturalmente conosceva
benissimo, senza bisogno di inventarsi uno iota (di passata si può
osservare come il potere giudiziario, fiutando l'estrema debolezza
della politica e probabilmente anche quella di Monti, si è scatenato
a tutto tondo, esattamente come 20 anni fa, limitandosi, esattamente
come 20 anni fa, ad aprire gli occhi sulle malefatte pertinaci del
sistema. Cosa che peraltro gli suscita sempre l'antico prurito di
farsi partito a sua volta, svolgendo quel ruolo di supplenza al quale
appena può cerca di tornare, dettando l'agenda morale e politica al
Paese. Ormai non si salva più neanche Vendola, che coi giudici ha
sempre avuto un feeling speciale: ne vedremo delle belle, forse anche
per qualche ex collega).
Liberissimi di
scandalizzarvi, ma la politica è questo e nient'altro che questo.
Una faccenda di scope (e la magistratura, quando le conviene, una
mano la dà, anche perché teoricamente sarebbe obbligata a farlo).
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