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CALLISTO ALL'INFERNO


CALLISTO ALL'INFERNO (COL SONDINO)
Era stata definita la madre di tutti i crack. Più di Citygroup, più di Enron. Oltre 100 miliardi di buco per la Parmalat, migliaia di famiglie rovinate, lui il bancarottiere Calisto Tanzi, che gli speaker chiamano “Callisto”, sprezzante, con la squadra di calcio Parma per ingraziarsi i tifosi-clienti, con la pinacoteca rubata in casa, quadri per oltre 100 milioni di euro, fino al giorno di farsi vedere scheletrito, il sondino sul naso nell'evidente intento di fare pena, la giaculatoria recitata, “sono pentito”, ma pentito di cosa, pentito da quando? Questa di Callisto è l'ultima, si spera, sceneggiata di un farabutto pericoloso che non rinuncia alla mascherata, al narcisismo grottesco neppure in finale di partita. Ricorda Sindona, hanno tutti qualcosa di simile questi grandi ladri, bancarottieri, truffatori in odor di mafia e di politica, ce ne fu un altro, il ministro della Sanità De Lorenzo, fra i piranha di Tangentopoli, poi comparso in Tribunale come una larva avvolta in un cappotto e tutti dicevano: è alla fine, che crudeltà però lasciarlo morire così. Lo liberarono e lui prodigiosamente si riprese, lo trovavano a far baldoria al ristorante “Ai due ladroni”, evidentemente non scelto a caso. Anche Tanzi, se lo liberano, andrà a far baldoria miracolosamente ristabilito perché questi l'anima se la sono fottuta da un pezzo, inghiottita nel vortice dei debiti, e se fanno pena la fanno a chi non ha pena dei disperati, dei morti per causa sua. “Comprendo il male fatto” dice adesso Callisto. Ma per quello lo sapeva anche prima, e sarebbe bello vedere quest'orrendo avvoltoio stecchito, la bara aperta al pubblico e le migliaia di rovinati da lui che sfilano, sputandoci sopra o almeno dedicandogli un pensiero di gioia feroce.

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