UNA MINISTRA DA PIANGERE
Le lacrime, incredibili, preoccupanti, del neoministro Elsa Fornero furono salutate con divertita indulgenza, finalmente un cuore sensibile in quel giardino di crudeltà che è la politica, finalmente un moto del cuore che solo una donna poteva tradire. La realtà era diversa. Quelle lacrime furono la spia di una pessima scelta dal premier Monti, quella di una abituata ad autogratificarsi come prima della classe, improvvisamente scaraventata alla ribalta del potere. Sono pericolose quelle così, le troppo rigide che si credono le più belle del ballo, anche se nessuno se ne accorge, finché un giorno scoprono le delizie del baccanale. Da quel momento, eccitata dalla sua mortificante figura, la Fornero non ha smesso più di impazzare. È corsa subito da Fabio Fazio (e, quella volta, ha ridacchiato come una liceale ai primi turbamenti), e quindi s'è lanciata in una raffica di dichiarazioni avventate, che purtroppo non accennano a placarsi (anzi). Senza alcuna preparazione psicologica.
Adesso ha preso di petto i sindacati, proprio quello che un ministro, specie se parvenu, non può permettersi di fare. Capiamoci: niente di male ad affrontare il tabù dell'articolo 18 (la dignità non è solo conservare un posto: è anche consentirla a chi, privo di qualsiasi tutela, deve difendere il suo diritto a esistere, continuamente calpestato; e guardacaso sono questi ultimi a garantire la “dignità” degli altri). Ma est modus in rebus. I sindacati, per quanto in ribasso, restano una formidabile corporazione di per sé e l'ultima arrivata di un governicchio tecnico, appeso al filo delle Parche politiche, non può permettersi di sfidarli così. I sindacati sono ancora quelli che possono sobillare abbastanza piazze per far cascare un esecutivo ancora in fasce. Napolitano lo sa e, da vecchio marpione di sinistra, s'è platealmente schierato con la triplice, sconfessando l'avventata ministra. Una che parla troppo, e ad ogni sortita si guadagna un nemico. Ma in questi casi, devi chiamarti – o almeno sentirti - De Gaulle, per esempio andando in tivù a dire a Norma Rangeri che sull'art. 18 fa le barricate: hai mai provato ad uscire dalla tua redazione per infilarti in un ufficio di collocamento, ad assistere al festival delle mazzette, delle umiliazioni, delle illegalità? No? Allora zitta tu, raccomandata di Santoro che è quello che ti ha imposto al Manifesto (pagherei, per poterlo fare io, in diretta, ma a certi programmi non mi inviteranno mai). Altrimenti, è meglio lasciar perdere.
Difatti le è toccato rimangiarsi tutto, offrendo del governo una immagine terribilmente debole, aprendo falle premature alla sua credibilità. Cosa pericolosissima, quando, in un modo o nell'altro, si è chiamati a prendere decisioni anche impopolari. Fornero non è nessuno, e non capisce che certe riforme, ammesso e non concesso che abbiano una benché minima possibilità in un Paese come l'Italia, e combinato come l'Italia, maturano con estenuanti trattative e conseguendo risultati parziali, comunque inferiori agli obiettivi di partenza. Sempre. Qui non siamo all'università, dove la famiglia Fornero poteva fare come le pareva. Quelle lacrime svelavano una donna sbagliata, emotiva, presuntuosa, imprudente, travolta da un ruolo per il quale non è all'altezza. Se Monti non lo capisce, e non provvede di corsa, sarà questa non più giovane sconsiderata la giustiziera del suo ambizioso ruolo di salvatore della patria.
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