PIERLUIGI SAVINI, PITTORE A COLORI
“Sento il peso dell’inutilità di quanto faccio, ho fatto”. Il lamento dell’uomo stanco si scioglie e s’aggira inquieto fra un disordine sublime di tele, volumi, busti. Cos’era, prima, questo posto? Un garage, un negozio? Una grotta? Ma adesso è un luogo senza tempo e senza spazio, un loft americano che sfiora la strada, una sorpresa che non si vede lungo corso Cavour: la difende una serranda che circospetta si alza, un vetro scurito. Dentro, un piccolo mondo immenso fatto di quadri, quanti quadri, e tappeti, e libri d’arte e di letteratura, “il mio vero tesoro, l’unica eredità per quando sarò morto”, e una videoteca preziosa, rara, che di giorno in giorno s’arricchisce. Una scala porta al piano rialzato, dove un divano s’è disteso in letto ed è bersagliato da faretti che illuminano la notte, e i pensieri che solo di notte danzano. Qui è lo studio, qui la vita di Pierluigi Savini, pittore in Fermo, preda della sua eterna sfida: una cavalcata furibonda e solenne nell’Arte, secoli, millenni di prodigi, illuminazioni diverse da spiegare, dal mito all’action painting passando per tutte le stazioni, viaggio ovunque per dovunque senza muoversi dai luoghi nobili di Fermo, la sala degli Incontri di palazzo dei Priori, i locali della Biblioteca. Ogni sabato pomeriggio, puntuale da dodici anni, Savini schiude prospettive di sapienza a chi le vuol ricevere e lo fa in quel suo modo irresistibile, affettuoso, esasperato, insofferente, amorevole, scrupoloso, vernacolare, raffinatissimo. “Lo faccio anzitutto per me”. Il carisma di Pierluigi è difficile da catalogare, lui si diverte a polemizzare con le vecchiette che non gli danno pace, ma, dentro, ride talmente che il divertimento gli sale alle labbra, gl''increspa il volto, e gli occhi cercano un complice: hai visto?
Pierluigi Savini, autore di poderosi affreschi sull'Apocalisse, sul mito della Kabbalah, è uno di quei tesori racchiusi nello scrigno di un Paese un po' amorfo. Incantesimo nell'incantesimo. La sua è vita d'artista, di poeta della luce. Fin dai primi anni di “stravaganti avventure intellettuali”, alle sfrenate sperimentazioni sulla scia di Pollock ed altri, Savini è uno col coraggio di non essersi negato niente nel mondo artistico, pur partendo da Fermo, e accettando il compito che un Artista non può eludere, quel correre per la vita a ritroso su per li rami della Tradizione. Nell'epoca della sua gioventù, lasciarsi andare, fare casino era una faccenda terribilmente seria, che non poteva prescindere da una curiosissima, inesausta formazione culturale: tutto l'Artista ha assorbito per ricomporlo in sé: “L'Artista non imbratta tele o pentagrammi; l'Artista è colui che sa”, motteggia e tuona in tono decisivo e sommesso. La sua passione per la Massoneria come custode di un percorso di elevazione spirituale. La sua attrazione per l'Albero della Conoscenza. Tutto in Pierluigi è tensione per la scoperta, per l'assimilazione alta e umile e questo è il senso di una grandezza: sentirlo raccontare è un'esperienza a suo modo esoterica, riporta alla luce, alla freschezza e alla pericolosità di un momento perduto, quando si era giovani sul serio. Savini è di quelli che invecchiano senza invecchiare, che portano con sé vibrazioni di quell'incoscienza meravigliosa: c'è qualcosa, in questi rari tipi, che resta uguale a 15 anni come a 85 ed è la trasgressione incurante, che si butta via eppure dura, ostinata come la vita. E si nutre della passione di nutrire gli altri.
“Lo faccio per sensibilizzare a un discorso artistico, abbracciando per quanto possibile tutto il cammino dell’Arte. Dalle basi, via via per allegoria, simboli, mito, ovvero il corredo artistico di ogni epoca, fino alla bistrattata arte contemporanea, che nonostante i suoi difetti va anch’essa capita e amata per cio che è: uno specchio del tempo in cui ci agitiamo”. Qual è la difficoltà maggiore, in una simile carrellata tra i secoli dell’Arte? “Che spesso c’è uno scetticismo verso l’arte contemporanea. Un po’ il meccanismo per cui ‘Guernica è brutta, quant’è brutta!’,o ‘Fontana non è arte, e se la è allora la so fare anch’io’. No! Non è affatto così. Ma per giungere a una piena consapevolezza delle arti all’interno dell’Arte, bisogna partire dal romanico”. Savini ogni sabato regala un patrimonio senza prezzo, che pochi possono permettersi di donare. Ma chi viene alle sue lezioni? “Vorrei tanto trovarci più giovani, più studenti d’Arte e non solo. È a loro che passo la fiaccola dell’amore per le arti figurative. E invece, fino adesso di giovani ne ho visti pochi, vengono altre fasce d’età”. Cosa vorresti soprattutto comunicare, trasmettere con queste tue lezioni? “Venti secoli d’arte: non è facile spiegarli, riassumerli, confrontarli. Non è facile capirli. La Gioconda cos’è? Un bel ritratto? Ma è molto di più, è un capolavoro di proporzioni geometriche, è uno squarcio sul mare interiore di Leonardo, genio del ‘400. E i baffi alla Gioconda sono una provocazione contro l’accademismo della Gioconda santificata, dunque altri spunti culturali… sono un pittore che vive e lavora a Fermo, da una vita; sono stanco, ma il mio lavoro non è solo dipingere. È cercare di trasmettere qualcosa dell’Arte alla gente nella quale vivo, respiro. Non sono egoista”. Forse il cronista è stordito dal luogo senza tempo, ma nel sublime disordine c’è un Cristo pantocrato, “icona per antonomasia”. Davanti all’indomito amore dell’uomo stanco, quel Cristo pareva sorridere.
L'hai tratteggiato come un dipinto... ^_^
RispondiEliminaSe riesco provo a intervistarlo: sai che non avevo visto questo pezzo? grazie!
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