Primo marzo e torno nel
posto che mi ha ucciso. A Casabianca di Fermo non c'era niente 33
anni fa, non c'è niente adesso, non ci sarà niente fra trecento
anni perché è un buco nel tempo. Anzi, qualcosa c'era: i criminali
che mi minacciavano, e alcuni stavano nella lista dei 100 più
pericolosi, gente che ammazzava come fumare una sigaretta. I trans,
che non sono quelli delle canzonette. I tossici, che non sono quelli
che dicono i preti sociali. I nati mai, che si trascinano come ombre
per la vita. Qui ho mancato ogni estate, tradito ogni Natale, qui
ogni primavera era una colpa, qui ho fatto la gavetta, ho perso tutti
i treni, qui torno a maledire Dio ovvero me stesso, come ho fatto
ogni singolo istante per sedici anni. Qui, dove chi vi è nato
benedice il sole che sorge ogni mattina. Ma il destino non è lo
stesso per tutti e non tutti meritano lo stesso destino. Ed io non
posso che scegliere Dio quale responsabile, perché altra spiegazione
non c'è. Qui io non ho avuto niente e nessuno, ho letto e ascoltato
come un forsennato, ma non mi serviva perché sono nato sensuale, la
mia intelligenza è sensuale, già infante potevo leggere i
sentimenti, le sensazioni. Mi sono mancati i miei scenari urbani,
altro che questo inferno verde e blu che mi ha fatto detestare la
natura e il mare. Quante volte sono cambiato qui, quante volte ho
tentato un modo per restare in un mondo che non esisteva. E non
esistevo neanche io. Qui io, da vigliacco, non ho avuto il coraggio
di uccidermi e così sono morto. E adesso torno, come un fantasma
che non smette di agitarsi. Torno sulla Vespa, torno il primo marzo,
a ritrovare i miei incubi, tutti i miei perché, a bestemmiare Iddio,
e poi scappare via.
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