Passa ai contenuti principali

VITE DI LIQUAME

 

Chiunque viva non da mascalzone avrà provato prima o poi la frustrazione di sentirsi trattare come tale da qualche divisa arrogante o ottusa; lo Stato e i suoi gendarmi rispettando, sentendo più affini quelli che delinquono abitualmente piuttosto che i rompicoglioni che credono nella civiltà e nello Stato di diritto. La frustrazione cresce constatando gli esempi quotidiani delle coppie cosiddette diaboliche che sfregiano o mutilano malcapitati o trucidano l'amichetto ingenuo, dei marchettari en travesti addestrati dalla mamma che buttano nel pozzo le zitelle ancora calde. Un colmo di avidità e di idiozia, una megalomania nella depravazione, un vivere vite di liquame che dovrebbe spaventare o nauseare e invece accende comprensione, sotto sotto ammirazione. Venti o trent'anni sembrano troppi per chi macella o deforma dei perfetti innocenti anche se tutti sanno perfettamente che bene che vada in galera nessuno ci resta più di due o tre calendari, poi scatta la legislazione “premiale”, l'affido in prova, scatta don Mazzi. Ammazzare per soldi o per vizio non basta più, bisogna uccidere due volte, negare anche la dignità alla vittima in un delirio nazista, cancellare esistenze perché l'altro è brutto o infelice o casuale o per vederlo crepare come un capretto o una lucertola. Per vedere l'effetto che fa. Siccome la società non esiste, ma esistono gli uomini vili, subito ci si affanna a cercare giustificazioni psichiatriche, un po' cialtronesche un po' pleonastiche essendo chiaro che chi infierisce a tal punto su un simile non è un essere come gli altri. L'insanità però è altra faccenda, anche se viene invocata con oscena disinvoltura: un criminale non è matto perché ha fatto quello che ha fatto, ha fatto quello che ha fatto perché è matto. C'è un prelato senza vergogna che faceva il padre spirituale di Pietro Maso, lo ha convinto a scrivere al papa mentre il suo pupillo voleva “finire il lavoro di 25 anni fa” con le sorelle. Lo hanno spedito in manicomio ma don Mazzi lo ha già reclamato. Invece bisognerebbe buttare la chiave per sciacalli e mostri, mostri per scelta, che sanno benissimo cosa vanno a fare anche se genitori felloni dicono “non è stato lui è stata la droga”. La droga! Questo spauracchio che mette a posto tutto, la si pretende legale ma si ripete che si mangia le coscienze. Come se fosse obbligatorio cedere alle sue lusinghe. Per questi genitori ignobili una aggravante diventa una scriminante e purtroppo non mancano i giudici che ribaltano il codice. Il marchettaro killer con la parrucca voleva i soldi facili, senza lavorare, proprio come Maso a suo tempo, gli amichetti laidi del Collatino erano fuoricorso a vita, entrambi con famiglie facoltose alle spalle che già brigano per garantire loro l'impunità. Ma va di moda il dibattito sui giovani vessati, addirittura odiati dalla società.

Commenti

  1. chissà perché a questi non capita mai di essere pestati quando sono in custodia, ma ai Cucchi, agli Aldrovandi, agli Uva invece sì...
    vit

    RispondiElimina
  2. Me lo chiedo sempre anch'io. Mai una buona notizia

    RispondiElimina
  3. Forse perché tanti, troppi, che indossano la divisa amano, nel loro intimo, essere subalterni al potente.
    cenzino

    RispondiElimina

Posta un commento