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GATTARI, SI'


C'era questa bella ragazza, che in Comunità faceva la terapista, appena più grande di noi obiettori e ciascuno voleva averci a che fare: ma lei niente, una muraglia di riservatezza. Venticinque anni fa. Le sono rimasto amico, abitiamo a pochi chilometri, ma ci incontriamo quasi mai (e poi, magari, tre volte di fila nella stessa settimana). La ritrovo stamattina al negozio di animali, quale posto migliore per metterci a parlare di gatti? Io ne ho tre, eccoli qua, e tiro fuori il cellulare; lei risponde coi suoi cinque, però lei ha il giardinetto. Avrei dovuto sentirmi un po' triste, invece mi ha preso una sorta di indulgenza, verso il tempo crudele, verso di me: gattari, sì, ma che ci vuoi fare? Poi i gatti sono sempre un ottimo argomento di conversazione, la loro magia e sapere stimolare pensieri mai usurati. C'era questa ragazza, e c'erano i miei venticinque anni; ne son passati altrettanti, molta gente di quella Comunità non c'è più, i miei passi sono più storti e pesanti, e in una piovosa mattina di inizio anno mi fermo con una vecchia amica a parlar di gatti nel negozio dei gatti. Ma non mi sento rincoglionito per questo, al contrario, mi ritrovo più curioso e più saggio, come uno temporaneamente fuori servizio. La vita è così, che ci vuoi fare?, fortuna questi gatti, i loro capricci fantasiosi, le loro intelligenze misteriose, la complicità con cui ci irretiscono, la tenerezza che possono suscitare (e lo sanno), fortuna questi argini invadenti al fiume di cose che passano, ai pezzi di noi che lasciamo lungo la strada.

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