Finiva
febbraio ed io m'illudevo fosse vinto l'inverno; a capo scoperto
sotto la pioggia andavo a cercare il mare in quelle piazze sempre
umide, autunnali anche di maggio, piazza Piola l'amavo, col suo
fioraio, con i viali che mi portavano ovunque, mi dirottavano verso
città Studi dove per mano a mia madre ero cresciuto spiando il tram
che avanzava lento, spariva, una fitta e non capire perché. Adesso,
a capo coperto sotto la pioggia vado a cercare le piazze davanti al
mare, al suo ansimare che accarezza un silenzio estraneo ancora dopo
trent'anni. Acqua su acqua, ma tra i riflessi di vetro posso vedere
meglio quello che ho perduto, il me stesso che ero, l'illusione che
l'inverno fosse sconfitto. Ogni illusione di vittoria ci batte, la
prima gemma sul ramo non è mai senza un prezzo, non c'è gioia che
non cresca il seme del pianto in sé, altrimenti non sarebbe gioia.
Felicità è ritrovare quello che hai perso nell'assenza, per questo
è più breve dell'attimo, più acuminata dello stiletto, indicibile
come Dio. È il sollievo che uccidi provandolo, il bagliore che ti
sfiora appena, qualche cosa che senti vicino a provare, ma soltanto
vicino. Una parentesi d'inesistenza tra ciò che non era e ciò che
non sarà.
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