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UGGIOSO


Cito da un sito delle previsioni, non dirò quale, appena una settimana fa: “Colpo di coda dell'inverno, ma aprile sarà torrido”. Adesso, su quello stesso sito, rimandano il clima africano “almeno a dopo la metà di aprile”. Campa cavallo, la verità è che le previsioni non le fa più nessuno: si fanno gli oroscopi, gli aruspici, le scommesse, la profezie, ma, se ci fate caso, dal “che tempo farà” stanno tutti prudenzialmente alla larga. Se accendo la radio, mi dicono che tempo ha fatto, al limite sta facendo, ma del doman non v'è certezza ed è l'unica certezza che mi offrono. Internet e anche la televisione si adeguano, le grafiche si son fatte sofisticate come cartoni animati della Pixar, e, per non sbagliare, mettono tutti i disegnini dappertutto, sì che ti vedi all'altezza di dove abiti il sole splendente, la tempesta e perfino la neve. Dovresti uscire con tutta la casa sul portapacchi, per non sbagliare. L'altro modo di far quadrare il cerchio di questo tempo pazzo, che non contempla più le mezze stagioni e neanche le stagioni intere, è dire che fa più freddo perché fa più caldo, se gli inverni durano 10 mesi è perché c'è il surriscaldamento del pianeta. Sarà. Dite pure quello che vi pare, ma tutto quello che sappiamo è che fa più freddo perché fa più freddo, punto. E piove da piangere, il 30% in più della norma in questo primo trimestre dell'anno, checché ne dica la solita Coldiretti, che per ragione sociale ha quella di rompere i coglioni peggio di Bertoldo. Ma se c'è una cosa che non manca sono le precipitazioni, l'inverno si allunga anno dopo anno e ridipinge l'Italia come una location dell'ispettore Barnaby, implacabilmente brumosa, plumbea, piovasca.
E così ci ammaliamo, di umidità e di depressione. Ieri svolazzava una notiziola sul sito del Corriere: “Lo chiamano mal di primavera...”. Ma è solo mal di vita, tiriamo a campare al limite, sotto il limite, i nostri giorni sono tutti uguali, di identica cupezza, senza sorprese, senza speranze, esistiamo come chi ha scoperto la fine del futuro, cioè il tempo che si ripete inesorabile, ciclico e questa è per l'appunto la depressione, generale, collettiva, di massa; se ci metti sopra pure il carico di un cielo d'amianto, sempre nuvole basse, il sole che si nasconde, la disperazione è cotta e mangiata.
Vorremmo il caldo, che da fuori penetrasse in noi, scaldasse un po' l'angoscia di questa cosa che si chiama crisi e che non passa, nei giorni di Pasqua (piovosa, burrascosa), quella culona della Merkel è venuta in Italia, ha preso in giro un disoccupato, poi ha detto, ridacchiando: italien, crisi altri 10 anni. Allegria. In più, muoiono come le mosche gli artisti, che non saranno i Mozart, i Leopardi che dicono, ma restano pur sempre piccoli maghi capaci di dirottare i nostri sogni e, quando vanno via, si portano appresso pezzi della nostra vita, dei nostri giorni soleggiati. Comprensibile il piangerli, meno il tragediare che se ne fa. Ma è che viviamo già al limite, sotto al limite e anche la scomparsa di un cantante da tempo nell'oblio, o quasi, diventa un trauma collettivo. In parte perché l'importante è esagerare e tutto il resto è noia, in parte perché, davvero, di motivi per stare allegri non ce ne sono più. Guarda che tempo boia che fa, e siamo già in aprile.

Commenti

  1. E' uno degli inverni più lunghi che ricordi
    Fuori è umido e dentro è buio e confuso perchè le questioni di cuore sono un ginepraio . Non so più dove sto andando e sto con il peso dello studio che non sopporto più se pur arrivato quasi alla meta.

    Francesco

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  2. gli ultimi tempi, quando si studia, sono i più feroci, lo so: ma resisti, a questo punto ne vale la pena.

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