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CHE VE LO DICO A FARE


Una piccola cosa, bella e terribile, per la quale chiedo in un certo senso aiuto, o almeno conforto, a chi mi legge. Propongo, ieri sera, una poesia, si chiama “Dovevi” ed è dedicata al mio vecchio: il lungo delirio, di notte, all'aperto e al freddo, di un uomo che si è perduto e si rivolge ad un padre scomparso tempo addietro: non so più che ci sto a fare su questa terra, tu dove sei? Perché non mi rispondi, perché non mi aiuti?

Metto la poesia e dopo un po' vado a dormire. Quando mi alzo, stamane, accendo il computer e tra i commenti di facebook, dove è segnalata, un lettore ha postato un brano: si tratta di “Know who you are” di Roger Hodgson. Hodgson è l'autore dei brani più belli dei Supertramp, e poi di altre grandi canzoni da solo. Ho tutti i suoi dischi, una sua compilation non manca mai nel mio lettore mp3. Mi aiuta a sognare, mi dà sollievo, mi fa sentire quello che non sono più da troppo tempo, e che forse non sono stato mai. Questo pezzo, in particolare, l'ho sempre messo in relazione con mio padre. Ascoltando quella musica triste, desolata e piena di sentimento non può non tornarmi quest'uomo dalla voglia di vivere a volte temeraria, a volte malinconica, comunque indomita, propenso sempre a prendersi un rischio di troppo piuttosto che rinunciare. Mi viene in mente la sua agonia, lunga, atroce, ingrata per chiunque, fosse anche un delinquente, inaccettabile per una brava persona, morta sopra un letto che si rompeva, non attrezzata per questo mondo di carogne, debolezza, ingenuità che ho completamente assorbito per via genetica. Non lo so quante volte, per ritrovare mio padre, mi sono rifugiato in questa canzone. Ed ogni volta ho pianto senza ritegno. Non lo so quante volte ho provato i miei reading con questa canzone, per cercare tutta l'intensità che potevo. Ed ogni volta sono crollato a piangere senza ritegno. E questa mattina l'ho trovata lì, ed era come se lui, dal mistero in cui è finito, un mistero al quale non credo, mi avesse finalmente risposto. E avesse chiesto il favore ad un mio lettore, inconsapevole messaggero. Ora, io sto piangendo senza ritegno anche questa volta, che ve lo dico a fare. Ma mi chiedo, e vi chiedo. Io non credo a tutto questo. Non credo a una vita dopo la morte, non credo che resti ancora qualcosa di chi ci precede. Posso, al limite, mi piace pensarlo, credere ad una forma di energia, che resta latente, l'eco della volontà di vita bruciata su questa terra ingrata in una vita infame. Ma un'energia alla quale non è concessa volontà, e che non può manifestarsi, non può connettersi con chi la cerca. Una energia naturale, fatta di vibrazioni che si fondono nel concerto della natura. Nulla di più. Ma questa canzone, stamattina, manda all'aria tutto e tutto questo è troppo. Troppo per me, che debbo cercare, trovare spiegazione a qualcosa che non può essere una coincidenza. Qualcosa a cui non credo. Io debbo trovare una ragione a qualche cosa a cui non credo, e che però mi ha trafitto. 

Commenti

  1. Passano i mesi, e cambiano le stagioni,
    finchè su di noi scende una sorte di pace.
    E anche se non sentiremo più
    il rumore dei passi famigliari,
    o il suono della sua voce che ci chiama, dalla stanza accanto,
    Coglieremo nell'aria un'atmosfera d'amore,
    una presenza viva.

    Dafhne Du Maurier - 1907

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  2. Mi capita a volte che qualcuno intervenga a sua insaputa nella mia vita,portandomi immagini ma anche profumi o altro che di colpo mi riportano nel passato; cosi come mi capitano altri che invece mi conoscono, colgano le mie occasioni per parlarmi di loro con i miei stessi pensieri. Forse i dolori sono di tutti.
    mauro

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  3. Eh,verrebbe da dire che per credere in quello che suggeriresti tu , non bisognerebbe far altro che lasciarsi andare e credere a certi "segni";in fin dei conti certe verità non amano i proclami , nè le si accetta per decreto.

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