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LA SPERANZA DEI DISPERATI


I motivi per detestare, anche per temere questa setta di pazzi che si fanno chiamare “grillini” sono tanti, ma tutti riassumibili in un motivo più grande: tempo sprecato. E Dio solo sa se possiamo permettercelo. La rivoluzione in bocca a questi turisti delle istituzioni è una parola, sgradevole, patetica, preoccupante ma una parola. Non hanno né i numeri né le competenze per nemmeno avvicinarsi a tentarla, di qualsiasi genere la immaginino. Non sanno cosa voglia dire confrontarsi, ascoltare, trattare, insomma la politica. Per loro è tutto un gioco, una esasperazione, arrivati a Roma non si stanno preoccupando di imparare alcunché della complessa macchina parlamentare ma di trovare sedi per accamparsi e di alimentarsi coi cibi “naturali non avvelenati”, come chi è sbarcato in partibus infidelium. Siccome il guru ha proibito loro la televisione, facendone il sommo piacere, secondo regola del peccato, si sono subito sguinzagliati per i vari talk show, da dove salutano a casa: “Ciao mamma, c'è una telecamera che mi aspetta”. Aristotele diffidava della democrazia, auspicando un “governo dei migliori”, ma qui siamo alla nave dei folli. Uno è convinto che si governi senza alcuna fiducia di alcuna Camera, un'altra vuole dimezzare i senatori, di cui fa parte, ma non ha idea di quanti siano, “non lo so, vediamo”, e c'è chi è convinto che per nominare Dario Fo capo di Stato sia sufficiente che lo voglia Grillo. Se gli si chiede un cenno, elementare, basilare, di quella Costituzione che hanno sempre in bocca e che pretendono di incarnare, s'incazzano e, atterriti, interrompono qualsiasi dialogo. E la legislatura non è neppure cominciata.
Continueranno a bloccare tutto, più che l'ago della bilancia sono una bilancia imprevedibile e impazzita, in tutto dipedente dal climaterio del guru-megafono, quanto a dire la paralisi dell'antipolitica che si somma alla paralisi della politica. Con qualche insopportabile bugia populista, tipo il ridursi lo “stipendio”, che in realtà resta intatto, per devolvere qualche elemosina, pubblica, a loro amici. L'irresponsabilità del grande Beppe sta in questo, che fosse per lui si potrebbe anche tornare a votare domani mattina, tanto lui incassa 50 milioni in rimborsi e lo Stato ne perde 500. A fronte di tutto questo nulla, pesante, schiacciante, il debito pubblico continuerà a crescere e moltiplicarsi, i mercati a indietreggiare, gli investitori esteri a negarsi, Equitalia a razziare i cittadini, la burocrazia a fare i suoi comodi, lo Stato a fagocitare tutto, l'iniziativa privata a languire, la disoccupazione a crescere, la disperazione a salire. E loro, i grillini, a gridare alla rivoluzione dell'onestà. Quale? Fino a quando? Paradossalmente, i grillini confermeranno il sistema marcio che volevano ramazzare, contribuiranno ad incrostarlo, svendendosi il giusto e scannandosi tra loro, ammesso che trovino la strada per i luoghi del potere, che qualcuno vuol “cercare su Google”. Nessuno conosce il Grande Beppe e il Grande Beppe non ha idea di quali matti abbia spedito per le Camere, le Commissioni, le aule. Intanto la papabile presidente della Camera, questa ragazzina con due quasi lauree, fanatica ambientalista, non parla più di fare uscire i ladri e i vermi dal Parlamento “con le mani alzate” ma di valutare le loro proposte volta per volta, per dire conviverci, tutti insieme appassionatamente, al di là dei tuoni e degli sputi del Santo. Il personale del Parlamento, interpellato, ammicca, paziente: siamo qua noi, se avranno bisogno, chiedano pure. E intendono, seraficamente, alla romana, che a scoprire le lusinghe e le delizie del potere ne hanno visti tanti, ma tanti, ugualmente sognatori, da prima che i grillini nascessero.
Se ne andrà un anno che vale per cinque, per dieci, poi tutti, parassiti dell'informazione compresi, di quelli che Grillo aveva ragione a definire pennivendoli visto che son già lì a leccare il suo osso, si accorgeranno che questa era una setta di pazzi, un partito letteralmente fatto in casa, a misura di blog, senza neppure una sede, un recapito, un numero di telefono, il che suona assai poco legale e per niente democratico. Ma la democrazia, si sa, per questi turisti è roba da esportare, di cui sbarazzarsi come qualcosa che non si conosce e fa paura. Uno vale uno! Loro, che non hanno versato il cervello all'ammasso perché non ce l'hanno, non conoscendo la Costituzione non sospettano che questa garantisce loro autonomia di pensiero, orrore, ma si muovono come automi agli ordini dei due soli padroni della setta. Tutto questo per la megalomania di un balordo che a casa si annoiava. Altro che “speriamo che qualcosa di buono ne esca”, altro che “stiamo a vedere che cosa succede”.

Commenti

  1. Speriamo che quelli come il tuo amico, che l'hanno votato per protesta, aprano gli occhi, e si rendano conto della cazzata. Altrimenti al prossimo giro elettorale, rischiamo la maggioranza grillina!

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    1. gli occhi li apriranno solo quando farà loro scomodo, cioè quando si sentiranno direttamente coinvolti nel fallimento. ovvero quando sarà tardi.

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