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INDOVINALA GRILLO


Un ventennio fa Berlusconi scese in campo vantandosi di avere fondato un “non partito” e fu subito infilzato da Norberto Bobbio, che lo incalzò con domande spietate: se non è un partito, allora cosa è? Berlusconi rispose in modo evasivo, è altro diceva, è un movimento che “ha uno statuto e un sacco di altre cose”: fu sufficiente, giustamente, per fare inarcare qualche sopracciglio e preoccupare più di qualche cittadino. Oggi, un ventennio dopo, possiamo pur dire che Berlusconi – l'ha riconosciuto anche un acerrimo critico come Giovanni Sartori - è rimasto nel solco della democrazia costituzionale, nel senso che ha preferito aggirarla piuttosto che, come si temeva, distruggerla. All'epoca faceva paura, perché non si capiva bene l'entità del suo potere, neppure lui sembrava capirla bene, e non si vedevano in giro quei contropoteri che invece c'erano, stavano sommersi, stavano, a prescindere da qualsiasi valutazione di merito, nella burocrazia, nel sindacato che non gli diede tregua, nella magistratura con cui subito attaccò briga, nella cultura, in quei giornali, controllati da un contropotere altrettanto potente, che riuscivano a bilanciare lo strapotere televisivo del Cavaliere (puntellato criminalmente dall'opposizione) con una stampa aggressiva e spregiudicata. Berlusconi ha polemizzato molto, con tutti, ma non si è mai potuto o voluto davvero sottrarre a una dialettica di potere: il suo primo governo cascò per il voltafaccia dell'alleato Bossi, lui venne sfiduciato e poi reincaricato da normali elezioni e alla fine, il “regime” che tutti, compreso chi scrive, additavano, si risolse in 20 anni di alternanza con la sinistra e si squagliò per quattro puttane (e un numero inusitato di inchieste).

Dopo Berlusconi è arrivato Monti, il tecnico. Che ha scatenato uno Stato di polizia tributaria mai visto prima, provocando lutti, suicidi, tragedie familiari, impoverimento generale, tutto assolutamente per niente, come ormai riconoscono sia gli analisti, sia gli osservatori internazionali. Ma nessuno ha gridato al regime, neanche per scherzo.

Oggi c'è Grillo. Il quale – la storia si ripete, e in forma di farsa: una atellana sopra una farsa – si vanta di voler far bombardare i partiti tradizionali; di avere, vedi caso, un “non partito”, che non ha una sede, un recapito, c'è solo il blog del capo supremo, ma la comunicazione è a senso unico, non è assicurato alcun feedback; non esiste un interlocutore individuato, sono sbarcati in 163 in Parlamento e ancora stanno decidendo a chi farlo fare; questo “non partito” non ha uno statuto, almeno tradizionale, se mai un breviario, e non parla con i giornalisti (tranne alcuni, più simili a adepti); monopolizza la rete, che 20 anni fa non c'era, ma di questo non gli si può fare un colpa, se è arrivato a colonizzare quel far west che è il web prima degli altri; il suo, come chiamarlo?, guru, santone, ha già sferrato un uno-due micidiale alla Costituzione: tutti si stracciano le vesti sull'art. 67, che prevede una sorta di autonomia per così dire interna, del parlamentare rispetto al partito di appartenenza; nessuno si accorge dell'emergenza anche verso l'articolo successivo, il 68, che prevede l'insindacabilità per i voti e le opinioni espresse, vale a dire la famigerata immunità parlamentare: ora, il singolo deputato o senatore non può essere chiamato a rispondere di come vota o parla dallo Stato, ma può esserlo dalla setta: basta, per breviario, una sola opinione non allineata, ed è fuori, processato, condannato, giustiziato. Il programma è ancorato al provvidenzialismo suggestivo, di stampo tecno-metafisico. Non sono previste forme di partecipazione, di interlocuzione con il “non-partito”, che nel frattempo è sbarcato in Parlamento, all'infuori di internet. Come se non bastasse, i neoparlamentari, presentati in una sorta di straniante reality più televisivo che telematico, tradiscono una orgogliosa quanto inquietante sconoscenza dei più elementari cenni di diritto costituzionale, unita a palese impreparazione generale, tale da sconfinare nell'immaturità; mentre qualche improvvida grillina, addirittura la capogruppo alla Camera, si è già espressa, per iscritto, su un apprezzamento ideale del fascismo.

Mi chiedo che cosa chiederebbe oggi a Grillo Norberto Bobbio, nel frattempo passato a miglior vita.

E mi chiedo anche come mai nessuno gli domanda niente, a Grillo. D'accordo che lui non risponde: ma una non-risposta è già una risposta, a patto che una domanda ci sia.

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