Papa Francesco |
C'è un luogo comune,
trito e ritrito, che riposa sulla “profonda saggezza della Chiesa”.
Non allude tanto, come si crede, alla capacità della medesima di
cogliere i tempi, quanto all'abilità nel correggersi, quando si
accorge di essere andata fuori tempo. Questo papa, fresco di nomina,
è un gesuita. Detto tutto. Un papa attento al centesimo, uno che in
Argentina girava in autobus, che diffida del dio denaro e ce l'ha col
capitalismo sfrenato, con gli sprechi. Un gesuita, ma non un
bacchettone: uno che giudica più grave uno peccato finanziario di
uno sessuale. In Conclave (tiriamo via ma non pensiamo di lavorar
troppo di fantasia), debbono essersi detti: va bene, ragazzi, abbiamo
tirato un po' troppo la corda, adesso tocca ritornare seri. E hanno
scelto uno capace di superare e di far dimenticare l'orgia di
scandali che rischiava di sommergere la Santa Sede. Uno capace di
rimettere a posto la situazione che a Wojtyla era serenamente
sfuggita, perché per lui ogni mezzo finanziario era buono e ogni
ceffo era ottimo, a partire da Marcinkus, pur di conseguire il suo
primo obiettivo, che era quello di sconfiggere il comunismo. E che
Ratzinger non era stato in grado di correggere, al punto da preferire
un clamoroso abbandono. Questo argentino di origini piemontesi, che
non a caso ha scelto di chiamarsi, da papa, come il più povero tra i
santi, Francesco, ha le carte in regola per raddrizzare una deriva
tragica. Non solo. Sembra determinatissimo a farlo, se è vero che ha
accettato quella investitura che all'epoca dello scorso Conclave
aveva espressamente, e preventivamente, rifiutato. Arriva inseguito
da voci di tolleranza, più che collaborazionismo, col regime dei generali, negli anni
Settanta. Ma anche dalla fama di uomo coraggioso e deciso. Ai fedeli,
che lo festeggiavano in Piazza san Pietro, ha subito imposto un
Pater, Ave e Gloria. Così, tanto per gradire. E, sbaglieremo, ma
quando ha indugiato su quel passaggio del Pater, “Non ci indurre in
tentazione”, ci è sembrato che la voce tradisse un impercettibile
indurimento. Come un ringhio soave.
speriamo allora che duri più di luciani
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