Quest'anno un albero di Natale sobrio, grazie a Monti |
Brutta cosa, quando quello che scrivi finisce, di straforo e mal
scopiazzato, sul blog di Grillo (e se è stata la checca
vigliacchetta e pluriraccomandata che penso, direi che il vizietto
non lo perde mai). Brutta cosa, perché io non condivido nulla di
questa gente alla quale non affiderei una moneta da 3 euro. Vorrei
tanto sbagliarmi, ma le troppe coincidenze mi fanno passare la voglia
di considerarle tali.
Premesso questo, che Berlusconi abbia sabotato il “risanamento”
di Monti è vero e falso. Vero in linea teorica, falso in senso
reale. Qualcuno, per dire, si era forse illuso che le inutili
province, riempite di ladri e di raccomandati, sarebbero mai state
accorpate e tagliate, per altro nella ridicola misura di una trentina
su cento e passa? La verità è che Monti, fra tanto fumo negli
occhi, ha risanato solo un sistema di potere che, vedi caso, lo
imbarca immediatamente, col paradosso, squisitamente laido,
squisitamente italiano, che una casta ignobile ha creato le
condizioni per l'avvento di questa nullità, indi lo ha sostenuto e
adesso si ripropone come salvatrice dopo lo sfacelo operato dalla
nullità, peraltro subito arruolata. Una matrioska di paradossi, uno
più fetido dell'altro. I risultati li potete constatare da voi
semplicemente vivendo. Io, per esempio, ho notato una cosa: ridendo e
scherzando siamo arrivati a Natale e non c'è ombra di
festeggiamenti, neppure una di quelle icone che annunciano la festa.
Parto proprio dal mondo virtuale, di internet: di solito tutto un
fiorire di alberelli, luminarie, auguri, giochi di luci elettroniche.
Beh, non ne trovo ombra. Se esco nel mondo reale è uguale, le
decorazioni di villaggi e città sono stentate, figlie di questa
crisi che non passa, come se si vergognassero a mostrarsi. Sono cupe,
patetiche, spesso polverose perché vecchie, riciclate, fatte con la
stagnola, ricordano, a chi li ha vissuti, certi Natali di piombo che
tuttavia erano più vitali, come se almeno per le feste di fine anno
fossero tutti d'accordo, buoni e cattivi, criminali e povericristi,
nel concedersi una tregua. Adesso no. Non c'è una guerra dichiarata
ma una carestia strisciante, e quella non dà pace. Nessuno parla di
vacanze, di viaggi, di cenoni – parrebbe una bestemmia in chiesa.
In compenso si parla di spread, di elezioni, di primarie. Bel Natale
stiamo apparecchiando. Il paese, già spaventato, stremato, esce
distrutto, esce rassegnato da un anno di accanimento non terapeutico
e dal futuro non c'è da aspettarsi niente di buono, sia che tornino
i soliti cannibali sia che fosse rimasto il Mollusco Carnivoro. Mi
fanno ridere quelli che si scannano al pensiero di Berlusconi, del
suo risalire in sella, dell'avvento di Bersani o di quello di Grillo.
Cosa volete che cambi, se i giochi sono fatti? E i giochi sono quelli
della miseria, della paura. Perché quando ci si dimentica delle luci
di Natale, sia per le strade che su un computer (mè arrivato
l'invito a uno spettacolo chiamato “Quest'anno Babbo Natale non
viene”), vuol dire proprio che la situazione è disperata. Non
avevo mai passato un Natale come quello che sta arrivando, da
disoccupato ma più ancora da disperato, oltre la disperazione. Così
non spero di voi, ma sperare non è ottenere. E io so il dolore,
l'umiliazione, la stanchezza di tanti, inutilmente aggrediti oltre le
loro forze, dopo che da una politica di ladri, anche da un governo di
imbecilli e di criminali. A chi mi legge, tutta la mia solidarietà,
il mio pensiero, il mio abbraccio. E un piccolo, umile reading,
insieme a Paolo Benvegnù, così, tanto per ricordare che, malgrado
tutto, è Natale.
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