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E' LA STAMPA, BRUTTEZZA

E che ti serva di lezione

Dite quello che volete, ma a me sta cominciando a diventare simpatico Sallusti. Per la semplice ragione che, con la sua ribellione così tignosa, e assai poco italiana, sta sputtanando tutte le comari del Fatto e degli altri giornali che cominciano a rifulgere della propria meschinità: proprio loro che se la tirano sempre da esseri moralmente superiori, sentinelle del pluralismo e della democrazia. Mi diventa simpatico, Sallusti, quando sbotta in faccia a quella fighetta di Barbacetto “Ma smettila con la commedia, che tu sei contentissimo se finisco dentro”. E ha ragione, quelli come Barbacetto, come Travaglio, come tutte le altre fighettine (e al Fatto non c'è uno che non sia fighettina, facciamo a capirci) sono maligni come comari, Zombie lugubri e tristi che si nascondono dietro quei sorrisini da spaccargli la faccia (tanto non reagiscono, come qualcuno sa). Questi sedicenti montanelliani che si sono rimangiati la versione di Montanelli: “Quando sento odore di bruciato, io sto dalla parte della strega”. Questi stanno dalla parte del Sant'Uffizio.

Sì, l'ostinazione con cui Nosferatu rifiuta qualsiasi alternativa, dall'affidamento in prova ai domiciliari, cui si sottrae, non l'avevano considerata quelli che si divertono ad augurargli la morte, possibilmente in galera – e però grondano articoli sui suicidi in carcere, eccetera. E adesso si ritrovano un po' imbarazzati, un po' spiazzati: perché loro, probabilmente, certe scappatoie le avrebbero arraffate senza pensarci, ovviamente gridando al bavaglio, al regime, al nazismo. Non mi interessa se Nosferatu sta facendosi i suoi calcoli e magari punta a un peraltro improbabile posto in Parlamento. Quello che conta, è che con la sua condotta sta facendo ballare tanti scheletri, sta togliendo il velo sull'ipocrisia e sullo sciacallaggio di un ambiente, quello dell'informazione, che è tra i più gretti e i più squallidi. Davvero, mors tua orgasmo meo.

Viene fuori anche un'altra differenza, questa tutta interna al sistema. Fermo restando che il giornalismo è fatto da pellacce, e più salgono più sono come i megadirettori totali di Fantozzi, sussiste una lieve sfumatura tra quelli collocati a destra e quelli di sinistra: i primi sono cinici, carogne, volgari, metteteci tutto, ma di norma non aspirano all'umiliazione, all'annullamento dei colleghi antagonisti. Un minimo, ma proprio un briciolo, di solidarietà di casta e di fedeltà al valore della libertà, anche se spesso fa rima con impunità, ancora gli appartiene. Diciamo che, per scamparla loro stessi, sono disposti a farla scampare anche a chi sta dall'altra parte della barricata, che non sarà eticamente splendido ma almeno conserva una sorta di sconcio ritegno. Quelli di sinistra no. Sono inzuppati di doppia e tripla morale, campano di risentimenti, nutrono, per quanto ho potuto constatare in 23 anni di mestiere, un odio che gli viene dai trascorsi giovanili, e che non li abbandona più. Sono più cattivi anche perché mediamente frustrati, esacerbati dal dovere continuamente nascondere le proprie incoerenze e falsità. In altre parole, predicare male e razzolare male offre se non altro il sollievo di una coerenza; ma predicare virtù e razzolare di merda, è un bello stress. Che poi si sfoga alla prima occasione, con i sottoposti o coi colleghi finiti in disgrazia. Ecco, tutto questo sta sgorgando allegramente in questi giorni.

Che Sallusti poi finisca in ceppi, è una faccenda piuttosto distante, quantomeno per chi, come me, sta anni luce lontano dal giornalismo vip, quello che davvero conta, che se la canta e se la suona. Se mai, quello che mi preoccupa - ma in linea squisitamente teorica, da tipico caso di scuola, da cittadino, altra categoria nella quale ho smesso di riconoscermi - è il precedente; ma tanto si sa che in Italia anche i precedenti non sono mai inediti, e soprattutto per qualcuno sono più uguali, come la legge. Quindi non cambierà granché. Io lo debbo ancora vedere, e non credo che mi accadrà per quanto mi resta da vivere, un giornalista “dalla parte giusta” che viva lo stesso grottesco calvario – perché ormai lo sta diventando - di Nosferatu a prescindere dalle sue responsabilità e dai suoi errori (cosa che qualche imbarazzo lo sta creando anche a certa magistratura militante, specchio di certa informazione con cui divide l'ombrellone, all'occorrenza rigorosa quanto, altrimenti, comprensiva).

Ecco perché Nosferatu, che a differenza di altri non ha rinnegato il suo “padrone”, scegliendosene altri ma dando a bere di essere libero, soggetto solo ai lettori, bla bla bla, sta diventandomi quasi simpatico. Anche se si fa consolare dalla Santanchè, che è già una tortura appena apre bocca. A proposito: fossi nella sua situazione, dico la sua di Sallusti, tutto sommato opterei anch'io per la cella di una prigione. Questione di allergia alla plastica.

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