Sai, Massimo, qui dentro non si fa
mai niente, il tempo non esiste. Siamo abbandonati a noi stessi.
Abbiamo sbagliato, è giusto pagare; ma la pena più atroce, è
quella che non si vede.
Caro Massimo, io ho un parente in
galera. Non ci si crede, quando lo vado a trovare. C'è una puzza che
fa schifo, lì dentro. La puzza della prigionia. Non ci si crede, la
pena di vederlo entrare in parlatorio, tutto sporco, perché non gli
hanno fatto fare la doccia, perché doveva scegliere, o farsi la
doccia o incontrare noi. Grazie per avere raccontato questa realtà
che nessuno vuole sentire.
Ti ascolto alla radio, mi tieni
compagnia. Sto in ospedale, e in ospedale non si dorme.
Ti scrivo perchè non posso
dimenticare un tuo articolo, quello sui disabili. Sono affetta da
tetraparesi spastica, e mi ci sono ritrovata nelle tue parole, per
una volta ho potuto leggere del "mio" dolore, della "mia"
solitudine, della paura, tanta. Ho appena aperto un blog, forse per
trovare un senso a tutto, forse per fare solo qualcosa.
Che tu lo voglia o no, sei diventato
un punto di riferimento; negli anni, leggendoti, ho imparato a pormi
delle domande e non dare nulla per scontato, riesco ancora ad
incazzarmi e a commuovermi.
Caro Massimo, sono stanco di essere
solo. Per questo ti scrivo.
Scusami, se ti scrivo un po' troppo
spesso. Ma sono sola, nessuno si ricorda più di me.
Troppo silenziosa, a leggerti per
tutti questi anni senza scriverti quanto mi abbiano fatto compagnia
l'impeto, la coerenza, il veleno, il dubbio, la poesia, la
dissolutezza, le albe, i fuochi e la tenerezza... Ma c'ero, magari in
giro per il mondo ma sono sempre stata al tuo fianco. Non ti perdo.
Non lo so perché ti scrivo. Forse
come al fratello che non ho mai avuto.
Chi te lo fa fare? Scrivere, farti
insultare, farti fraintendere. Tanto, nessuno salva nessuno. Nessuno
capisce nessuno. Io non voglio più avere bisogno di nessuno.
Che ne sanno, quanto costa la
dignità. Chiedere senza umiliarsi. Rinunciare. Accettare. Chi è
debole ha sempre torto, è sempre sul punto di farsi cancellare.
Non lo so a cosa m'aggrappo ormai.
Al relitto che sono...
Il tuo articolo mi ha provocato un
profondo turbamento, per cosa dice, per come lo dice. Grazie per il
tuo coraggio, anche se oggi vivrò con un grosso groppo in gola.
Ti rileggo, mi stupisco, piango e l'inquietudine mi prende... solo quello che scrivi tu riesce a trafiggermi e a crearmi sensazioni incredibili, anche fisicamente le percepisco dal cuore alla pancia...
Ti rileggo, mi stupisco, piango e l'inquietudine mi prende... solo quello che scrivi tu riesce a trafiggermi e a crearmi sensazioni incredibili, anche fisicamente le percepisco dal cuore alla pancia...
Se non era per te, non avrei mai
avuto il coraggio di spiccare il volo e cercare un'altra vita in un
altro posto...
Non ho mai trovato il coraggio di
dirtelo, ma l'incontro con te mi ha cambiato la vita. Ed era una vita
che finiva, un momento troppo brutto...
Tu fai compagnia alla gente, ecco
quello che fai. Ed è una piccola, grande cosa che spinge le persone
a leggerti. Per questo pensaci bene, quando dici che vuoi smettere di
scrivere.
Non ti perdono per avere riaperto le
mie ferite. Però ti scrivo...
In un modo o nell'altro, nei miei
momenti neri torno sempre qui.
Li conosco i momenti di vuoto,
quando niente ha importanza, ecco perché ti ho scritto. Perché tu
con le tue parole hai riempito e riempi i miei.
Ti prego non mollare. Io ho trovato
un amico che sa dare voce al mio sentire confuso. Non mollare.
Continua, perchè la compagnia che
mi offri riempe i vuoti miei, continua a stendere lenzuola di parole.
Ti aspetto ogni giorno, non importa
con cosa: un articolo, un racconto, una poesia... Ti aspetto.
Vorrei diventarti amica...
Per fortuna ci sei.
Come fai a conoscermi così bene?
Chi ti credi di essere? Non sei
nessuno. Sei solo una sigla.
Non avevi promesso di sparire? Ma
non lo farai, da quel buffone che sei. Sei stato cacciato
dappertutto. Peccato solo che degli artisti veri accettino di
squalificarsi per accompagnare le tue patetiche filastrocche. Sei un
fallito, fattene una ragione: c'è chi ha successo, scrive libri veri
e su giornali veri, va in televisione, e ci sei tu che spremi il tuo
livore in un blog che nessuno legge.
Ti debbo tante emozioni: spero di
difendere sempre quel tuo mondo strano, che mi difende.
Spero che scrivere resterà sempre
il tuo vizio.
Ma perchè quando ti scrivo finisco
sempre per confidarti i miei confusi stati d'animo? Chi sei per
riuscire a tirare fuori queste parti di me?
Sentire quello stracciapalle, che
declama le sue cazzate in uno spreco di retorica, non si regge.
Ho trovato,
finalmente, una persona che ha messo per iscritto esattamente tutte
le emozioni, sensazioni e prostrazioni che ho vissuto per
la malattia di mio padre. Soprattutto mi
sono sentito meno solo nel sapere che esiste almeno una persona
a questo mondo che abbia
provato ciò che ho provato io. Sono
passati 11 anni ma è come fosse oggi...
C'è stata una cosa che mi ha
colpito tantissimo, in un articolo sul tuo blog. Parlava di sostenere
la sofferenza, di non nascondersi quando c'è... e mi ha aiutato
tantissimo in un periodo un po' strano.
Resto appeso al quel filo di voglia
di continuare a cercare anime che hanno l'energia anche per
me....e per questo ti dico Grazie.
Voglio dirti che ti voglio bene, e
prima o poi, riuscirò ad incontrarti.
Tu per me non sei un giornalista. Tu
per me sei Massimo, una persona che con le sue parole mi rende la
vita un poco migliore.
Tu ci chiami tutti per nome, quando
ti leggiamo.
Non sai quanto sia catartico trovare
qualcuno che sia in grado di tradurre ciò che non riesci neanche a
verbalizzare, neanche a pensare chiaramente ...
Spesso mi perdo
in pensieri. Spesso ti leggo, e mi perdo. Spesso vorrei
trovarmi al tuo fianco. E anche se non ti conosco personalmente, io
ti conosco. Le tue parole mi accompagnano da anni. Ho imparato a
distinguere. Riflettere. Ragionare. Anche grazie a te. Mio amico, e
non "virtuale", mio AMICO.
Mi hai spaventata perchè ho paura
che tu abbia ragione, ho paura di rileggerti a quarant'anni e
trovarmi a dire: che ragazzina ingenua eri!...
Ascoltandoti, ho capito che non ero
pronta per il dolore. Ma ho capito anche che non debbo più lesinare
nessun gesto in questa vita. Nessun aiuto...
Io ero schiava di un padrone. Ma ti
ho sentito, a scuola, dirci che nessuno appartiene a nessuno. Sono
andata dal mio padrone, gli ho mollato uno schiaffo, e in quel
momento non ero più sua.
Sono Alice, ti ricordi di me? Da
quando non vieni più a scuola, la realtà sembra tornata quella di
prima, però continuo a mantenere la voglia di scrivere che grazie a
te ho scoperto tanto forte. Perciò volevo ringraziarti.
Volevo darti una bella notizia, sono
uscito, dovrò farmi 8 mesi ai domiciliari ma sono a casa mia. Ti
ringrazio per avermi fatto compagnia e non esserti mai dimenticato di
me...
Quando ancora ti chiederai se quello
che fai ha un senso, pensa alle persone che, come me, ti leggono
e si fidano di te...
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