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SAVIANO, INVENTATENE UN'ALTRA

Se lo dite voi...

SAVIANO, INVENTATENE UN'ALTRA
Oggi, 2 novembre, per giunta venerdì, facciamo la festa ai morti viventi, quelli che camminano fino in televisione, dove fanno crepare d'inedia gli ultimi eroici giapponesi che, meschini, ancora si ostinano a seguirli, per conformismo democratico, per rettopensiero pavloviano, per dovere ideologico, anche se non saprebbero neppure più tratteggiarlo, quello straccio d'ideologia che gli rimane. Quale, del resto? Quello di un ragazzotto sedicente scrittore perché ha firmato 1 libro 1 in anni e annorum, al quale han messo mano in diciassette e nondimeno incommestibile (6 milioni d'imbecilli possono sbagliare, altro che cazzi: eccoli lì, gialli, chiazzati, ammalati di Gomorrea infelix)? Che da anni si fa scortare contro minacce che nessuno ha visto, e che tutti però sfidano a negare, con lo stesso ardito salto della quaglia dei preti che sfidano te a negare qualcosa che non si è mai visto anziché dimostrare loro qualcosa che mai si è visto? I pericoli dello scugnizzo calvo sono materia di fede: non è lui a doverli produrre, spetta ai miscredenti tratteggiarne l'inesistenza. Probatio diabolica, sulla quale le sante chiese campano millenni. I pericoli sul cuneo parlante sono metafisici, ma quelli che scatena lui – calo degli zuccheri, ipertrofia testicolare, abisso depressivo, slogatura mascellare – viceversa sono lì, ontologicamente, perfino tautologicamente evidenti. Se ne sono accorti tutti, gli hardcore fans della prima ora come i parassiti della morale, stile Fatto Quotidiano, che, vedi un po', non ne possono più manco loro. Dopo calendari spesi a stracciarsi le vesti nel nome della retorica in formazione-tipo: legalità, democrazia, libertà; antibavaglio, antimafia, rrregole; trasparenza, coraggio, onestà, sinistra, antiberlusconismo. Senonché qualcuno, infine, due conti dev'esserseli fatti: antiberlusconiano uno che, di riffa o di raffa, deve tutto a Berlusconi? Uno che funziona come anello di congiunzione tra potentati, scrive un libro per Mondadori del Cavaliere, se lo fa incensare da Repubblica dell'Ingegnere (De Benedetti), soggiorna nella televisione di stato, alias “servizio pubblico”, a leggere brani della sua raccolta di articoli narcolettici su Repubblica, riuniti in volume per Mondadori, dal quale si trae un dvd, sempre per Mondadori, che a sua volta verrà presentato nel canale progressista, color PD, della televisione di stato in una messa solenne (e per qualcuno in culo) officiata dal Vespa di Rai 3, il balbettante, ma per gioco, e umidiccio, ma sul serio, Fabio Fazio? Antiregime, vittima, censurato, imbavagliato, uno così? Che fa causa, chiede soldi, agli eredi di Benedetto Croce per un cavillo di nessun conto ma di immane pesantezza? Che scarica senza rimorsi l'agente che lo creò, Roberto Santachiara, per prendersi uno ancor più potente, fruttifero, internazionale? Che si ricrea nella villa del banchiere Passera, da cui esce scortato fino all'aereo privato per discendere in carne e ossa a Zukkoni Park a tuonare contro le banche e la finanza e quindi tornare dall'amico ministro-banchiere, del quale è consigliori? Imbavagliato, il nostro Nosferatu formato multinazionale col filtro?

Forse imbandanato, sarebbe meglio. E, alla fine, è bastato uno sbadiglio rosa tra le parole “che due coglioni”, la crepa invisibile dell'attenzione per stroncare la diga che arginava il fiume di noia efferata, tanto da far rimpiangere perfino la camorra, che almeno ti uccide più in fretta, a pallettoni, ma è meno pallosa. Perché agl'italiani togligli tutto, fagli di tutto, pigliali p'u culu, imboniscili, inscemeniscili, derubali, rendili cornuti, fottili, sodomizzali, ma una cosa e una sola non fare loro: annoiali. Se l'italiano s'annoia, diventa tremendo. S'incazza. Ti sputazza. Ti sputtana. Dimentica tutto. Passa dall'amore all'odio senza il minimo scrupolo, senza darti il tempo di riaverti. Il pres-untuoso Saviano, ormai montatosi abbondantemente quel cranio che nessuno aveva mai fantasticato di sfasciargli, era convinto, proprio come qualche popstar bollita, che gli bastasse un qualsiasi ruttino ad incantar le folle. Invece no. Ha insistito nell'unico personaggio che conosceva, quello dell'intellettuale pensoso, il dito sulla gota, lo sguardo severo (o forse solo vacuo) e adesso per lui è tempo di pernacchie. Di colpo, torna quello che era al liceo: uno sfigato, bruttarello, pedante, saccente, un nato vecchio che nessuno pigliava sul serio. Tantomeno le donne, come nella fragorosa caricatura di Checco Zalone, uno che Roby stracciapalle l'aveva fiutato meglio di tanti dotti medici e sapienti, inesorabilmente stronzi. E adesso? Come si fa a recuperare consensi? Qui bisogna inventarsi qualcosa, e in fretta, che so, l'eco di una voce di un megattentato supercalifragilistichespiralidoso, un cambio di sesso, un duetto con lady Gaga a Sanremo, una frode fiscale, un ritiro spirituale, un gollazo da manuale, qualsiasi cosa, ma presto, subito, santo cielo! Che qui la gente ormai, quando lo vede, manco si tocca più: impugna direttamente il telecomando, a due mani.
Quanti fummo, all'epoca, a vederlo per quello che era, uno che non sapeva parlare di libri che non sapeva scrivere su cose che non sapeva affatto per gente che non sapeva leggere? Pocherrimi, avanzavano le dita di una mano a contarci. Ma il tenutario di questo trascurabile blog inzuppato nel livore, con tutti i suoi inutili articoli, non avrebbe mai eguagliato il lampo d'un conterraneo che non se lo beveva, il Saviano al selz, il quale, la sublime smorfia esasperata che solo i napoletani sanno pittarsi in faccia, ebbe un giorno a sbottare: “Chillo fa la fine di Alan Sorrenti”. Signori, questo è puro genio e non serve altro. Finiamola qua. Saviano, sia pure col cranio placcato oro, è tornato quello che era sempre stato. Uno sfigato. Se ne sono accorti tutti.
Adesso.

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