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SALA D'ATTESA

La fatica che si ferma qua

Queste mattonelle calpestate
Piene di segni, le rughe dell'attesa
D'un verdemare triste, mai nessuno
Le ha spostate, chiuse da ogni lato
Prigioniere e ostaggi le une alle altre
Non le torride ore dell'estate
Non ghiacciate vigilie di Natale
Per i soliti più sfortunati
Muti quadrati, specchi della vita
Del dolore che si spacca qui
Del sollievo, più spesso il tonfo sordo
D'un verdetto senz'appello. Ecco
Non c'è più nessuno. Sono solo
Nel silenzio delle luci al neon
E il ronzio di quintali d'istanti
Tutti insieme stracciano un destino
Forse già segnato, non lo so
Ma ha il colore di queste piastrelle
Queste stelle opache, indifferenti
E un po' sporche che restano ferme
Sotto l'asciutto pianto degli infermi
Muri ridipinti, attaccapanni
Poltroncine in plastica da bar
La fatica che si ferma qua
Prima di tornare a trascinarsi
Negli spenti rivoli dei giorni
Dove piove sempre, è sempre inverno
Non importa dove porti il senso
Del sederti, la testa fra le mani
Pena immensa che non basta mai
Cento stagioni spendi tu a sfrondarti
A cambiare. Poi t'accorgi che
Che la gente preferiva l'altro
Va comunque va: qui ti ritrovi
Sulla riva del tempo ad aspettare
Che toccherà a te e allora gambe
Che ti spingono via non avrai più
Figlie del tuo sangue, sarai solo
Più di adesso, preda di ogni ombra
Membra senza corpo fra corsie
Di follia aspettando un addio
Che tolga il disturbo che ora sei
Da nessuno e a tutti, a voce brulla
Che lo sentano solo le piastrelle

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