LA BICI CHE CI ASPETTA
Per la nota serie “La necessità
aguzza la civiltà”, nel 2011, per la prima volta dagli anni
Cinquanta, il numero di biciclette vendute ha superato quello delle
automobili: 1.750mila contro 1.748mila, le gazzelle a due ruote
umiliano i bisonti a quattro. Rate o non rate, una macchina costa
quello che costa, e poi costa da 7000 euro in su solo di
manutenzione. Una bici è per sempre, non richiede un finanziamento a
tasso zero e una volta usciti dal “ciclista” al massimo bisogna
cambiare un tubolare. Si profila così la tanto attesa rivoluzione
incruenta ed ecologica, il panorama delle nostre città appare in
rapido mutamento, se inforcare una bicicletta fino a poco tempo fa
poteva essere una missione impossibile, una impresa da Indiana Jones
nella jungla del traffico omicida, adesso, marciando (anzi:
pedalando) verso la maggioranza di velocipedi, si torna a scenari da
Poirot, qualche carcassone maleducato che sputa polvere in un presepe
di due ruote che sfrecciano dolcemente. Anche i “pirati” potranno
farla meno franca, ormai sempre più rari e dunque identificabili.
Torneranno a fiorire i giardini, le piazze, i corsi e, per forza di
cose, le piste ciclabili, si potrà respirare a pieni polmoni anche
lungo le fetide tangenziali, gli scontri si risolveranno al massimo
in un gomito contuso, una caviglia storta ma niente più atroci
sculture di lamiere con dentro esseri umani. La civiltà urbana ne
guadagnerà, perché litigare per una precedenza in bicicletta assume
un irresistibile sapore comico, tipo Buster Keaton, e non è
credibile alcun duello all'arma bianca. Certo, ci saranno sempre i
buzzurri con l'ultimo modello ultraleggero in tungesteno alimentato a
batteria atomica, ma con questi chiari di luna resteranno sgradevoli
eccezioni in un paradiso ritrovato di ciclisti umanamente
compatibili, un presepe di signori in doppiopetto e mollette alle
caviglie. E niente autoradio a palla, la colonna sonora sarà
costituita dal dolce ronzio delle ruote o dallo struggente cigolio
dei modelli più vecchi, al massimo l'affettuoso sbuffare di qualche
pedalatore fuori forma (ma si rimetterà in fretta). Il “come
eravamo” si capovolge, ritorna “come saremo”, l'affettuoso
bozzetto di un mondo senza eccessiva fretta, si arriva quando si
arriva e se proprio si resta imbottigliati in un mare di telai, non
sarà un dramma fermarsi a fare quattro chiacchiere, e non dallo
smartphone. E non è da pensare che la circolazione ne soffra,
tutt'altro, si guadagnerà tempo perché è oggi che i veicoli a
motore tengono una velocità di crociera da pedestre, ma molto
anziano. Con le strade sgombre, invece, sarà tutto un altro andare,
i mariti telefoneranno alle moglie (o viceversa): “Cara, butta la
pasta, sto facendo l'andatura, passata la sopraelevata mi aspetta il
rettlineo, una bagarre all'arrivo e son già sulle scale”. Se ne
possono dire tante, del primo ministro Mario Monti, ma almeno in una
cosa è stato coerente, e ha mantenuto: aveva promesso di cambiare
gli italiani, e lo sta facendo. Li sta trasformando in cinesi, o
almeno in quegli italiani da neorealismo che ci eravamo dimenticati
di essere.
Scenari non impossibili, ma Roma non sarà mai Pechino. Sti 7 colli sono una faticata...
RispondiEliminaFrancesco, RM
Dici bene, però io abito in appennino, e qui in bicicletta vedi solo quelli che praticano lo sport, a meno di non stare in un capoluogo e non in una frazione sperduta e a valle come sto io. Quando stavo a Modena per l'università la bici l'adoperavo anche la sera d'inverno...
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