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FERMO, LA PROVINCIA CHE NON C'E'


FERMO, LA PROVINCIA CHE NON C'E'
Togliendo le province si risparmierebbero almeno 12 miliardi di euro. Questi enti intermedi, concepiti come transitori, si sono naturalmente incistati nel corpaccione statale, finendo, come una metastasi burocratica, per moltiplicarsi. La provincia di Fermo, tra le ultime nate, fu concessa da Berlusconi per motivi elettorali, ma dopo una battaglia centocinquantennale che, per comune appetito, aveva messo d'accordo tutti dall'estrema destra all'estrema sinistra paesana. È entrata in vigore nel 2009, costando 50 milioni di euro solo per partire, benché priva di copertura finanziaria e col parere contrario del ragioniere dello Stato Andrea Monorchio. Si basava su delibere dei Comuni aderenti vecchie di 20 anni. Non presenta i requisiti di legge, visto che assomma, esagerando, 160mila abitanti a fronte dei 200mila previsti. Non si registravano reali esigenze tranne il normale clientelismo partitico, scontato in questi casi, ed è difficile sapere che cosa abbia realizzato, a cosa sia servita finora questa provincia a parte imbarcare i soliti raccomandati (anche se alcuni esposti per l'asserita irregolarità di determinati concorsi sono stati archiviati), e, insomma, alimentare se stessa. Il brivido di poter girare con la sigla “FM” sulla targa della macchina (che non pochi smaniosi avevano anticipato rispetto alla formale entrata in vigore dell'ente, risultando così fuorilegge ai fini dell'anagrafe automobilistica), costa peraltro una serie di “contributi nuova Provincia” entrati in quota costante in tutte le bollette energetiche e, inoltre, su altre voci di spesa, dalla revisione annuale delle caldaie ai premi assicurativi. Il presidente attuale, e primo della provincia di Fermo, Fabrizio Cesetti, aveva assicurato che non sarebbero stati applicati aumenti in questo senso, ma gli agenti assicurativi, carte alla mano, sostengono che, al contrario, l'addizionale relativa al nuovo ente sia nel 2012 (e per gli anni a venire) la voce più significativa della maggiorazione delle tariffe. Qui nessuno capisce a cosa serva questa provincia e cosa faccia. Ma tutti, a cominciare dalla stampa locale, la sostengono con ragionamenti puramente circolari, “la provincia di Fermo va mantenuta perché va mantenuta”. Del resto, argomenti non più fondati erano stati spesi per la conquista, che aveva significato il distacco da Ascoli. Come cronista del Resto del Carlino, raccolsi, all'epoca, squisite motivazioni: “Non siamo ascolani”; “Siamo pura razza fermana”; “Stiamo bene da soli”; “Gli ascolani non sono come noi”; “Ascoli merda”; “l'Ascoli è in serie C”. Altre ragioni erano meno confessabili, del genere “qui lo dico e qui lo nego”, e non ho mai potuto scriverle, ma avevano a che fare, non ci crederete, con l'esigenza di sistemare se stessi o almeno qualche parente. Non si ricordano casi di personale redistribuito tra le due microprovince (Ascoli ne è comunque uscita lievemente ridimensionata sotto il profilo delle infrastrutture e dell'edilizia scolastica), e si è invece registrato un flusso di assunzioni fatte in casa, che offrivano più garanzie di genuinità. Ad avvantaggiarsi maggioramente sono stati i palazzinari, che hanno sviluppato una copertura cementifera massiccia, conseguente alla realizzazione di caserme e stabili di destinazione provinciale – però nel più puro spirito ecocompatibile. I provinciali fermani non hanno ottenuto alcun vantaggio da questa nuova entità, però sono molto più contenti anche se il comune capofila, Fermo, è praticamente morto e il suo centro storico ridotto a un deserto dove i negozi chiusi superano largamente quelli che resistono. Non c'è traffico, commercio, passeggio, la piazza del Popolo è perennemente vuota ed echeggiante di svolazzi di piccioni, una cosa mortificante anche considerata, va pur detto, l'ostinata vitalità della gemella piazza ascolana, sempre piena di gente a qualsiasi ora del giorno e della notte. Ma questi sono dettagli. Quello che conta, è che una nuova provincia non ha affatto “allargato” il Fermano, non l'ha difeso – anzi – dalla crisi, è un ente virtuale, tranne che per pochi, ma che nessuno accetta di ridimensionare, di accorpare e men che meno di rimuovere. Anzi fioriscono deliranti proposte di ulteriori microprovince con conseguenti moltiplicazioni di uffici, scrivanie e poltrone. A riprova che, qui, la gente non ha ancora capito che è al naufragio, e che presto si ritroverà sommersa con tanto di gonfalone provinciale.

Commenti

  1. Mi chiedo quanto ancora sopporteremo tutta questa merda.. grazie dei tuoi articoli illuminanti..
    stefano

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