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Davvero questa è la
salvezza dell'Italia? Imposto con discutibile procedura automatica, il
governo Monti, cui la politica dei partiti ha affidato la gestione dello
sfascio da essa stessa organizzato, ha se mai concluso il lavoro di
spoliazione. Dopo nemmeno un anno dal suo insediamento, il paese è un
cimitero di aziende, di negozi, ma soprattutto di speranze, di
opportunità, di voglia di riscatto. E di uomini, che non ce l'hanno
fatta più, che hanno deciso di arrendersi, abbandonando le loro famiglie
a un destino difficile e tragico. Perché una cosa è certa. Questa crisi
non si risolverà con le fantomatiche misure del governo Monti, ma
arriverà al suo epilogo: consegnare il paese ad altre mani, ridurlo a un
protettorato, una colonia. Un anno di annunci improbabili, di promesse
disattese, di minacce mantenute con un'antipolitica irresponsabile fatta
di tasse, tasse, tasse sempre più pazzesche, nel segno di un sogno
delirante: trasformare un popolo partendo dall'imposizione fiscale,
costruire un'etica sulle multe anziché il contrario. Un governo
insediato senza mandato popolare ha potuto, nella vacanza complice dei
partiti, ridurre il paese ad uno stato di polizia tributaria, senza
rendere conto a nessuno. Pagare per pagare, multe sulle tasse, tasse
sulle multe, fino a dover rendere conto del modo di alimentarsi, di
vestirsi, di pensare. Ma la libera informazione che, quando vuole, butta
giù chi vuole, questa volta s'è ammutolita, si è resa connivente, anzi
correa: nessuno grida al regime, tutto quello che decide questo governo
in libertà è sacrosanto. E sorge una domanda definitiva: ha ancora un
senso riconoscersi, restare in questo stato, dove i cittadini non
contano rispetto alla finanza drogata degli spread e dei bond, dove
l'Europa è un'ombra lunga agitata da burattinai, dove la persona si
risolve in una cartella esattoriale e non ha più il benché minimo
margine di autonomia, di libertà, di individualità, di dignità?
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