Passa ai contenuti principali

IL PRESUPPOSTO

Dopo o prima del giudizio?

IL PRESUPPOSTO
Non si è capito bene su quale presupposto, un giudice ha concesso la libertà al ragazzotto che un anno fa, diretto ad un rave party con amici e già strafatto, aveva ucciso a bastonate un carabiniere di pattuglia, accecando da un occhio il collega. Il giovane, considerato evidentemente recuperabile se non recuperato, andrà, fino a sentenza, ma probabilmente anche oltre, nella comunità-ricettacolo di don Mazzi, che a me pare un orco del “bene”, comunità residenziale ad annoiarsi e a girare nel parco. Fin qui, nessuna sorpresa: che il diritto in Italia sia più che altro mammifero, non lo scopriamo oggi. La sorpresa, se mai, ma più che altro un sottile sconcerto, sorge pensando ad un'altra giovane, da quasi 2 anni dietro le sbarre per il delitto, tuttora presunto, non chiarito, e da lei sempre contestato, di una cugina quattordicenne. Sabrina Misseri aspetta il suo processo in galera, con la madre Mimina. Ora, siamo liberissimi di considerare personalmente colpevole la cugina Sabri, così come nulla ci vieta, privatamente, di reputarla laida, infame e crudele, se solo ricordiamo le sue recite ad uso telecamere. Queste sono opinioni soggettive, che nel caso specifico contano, fortunatamente, un po' meno di zero. Ma anche se nutrissimo un disprezzo profondo per Sabrina Misseri, non possiamo, a questo punto, non rilevare una discrepanza a suo sfavore che davvero fatichiamo a comporre, stante l'insegnamento che abbiamo ricevuto, fin dall'università come studenti, e fin dall'infanzia come soggetti di diritto: e cioè che la legge è uguale per tutti, ovvero si manifesta, si espleta, si applica per vie generali (fatti salvi gli opportuni adattamenti sul caso concreto). Ora, qui sembrerebbe al contrario di trovarsi di fronte a due pianeti legali diversi se non opposti. In base a quali presupposti un giovane omicida, reo confesso, esce dal carcere dopo un anno e una giovane omicida non confessa ci resta dopo due anni, entrambi in attesa di sentenza?
I presupposti per la carcerazione preventiva – che in ogni caso dovrebbe durare il meno possibile - parlano chiaro: o la reiterazione del reato, ma allora appare più probabile che un giovane maschio fuori controllo possa ricadere nella propria ferocia, piuttosto che una manicure possa uccidere un'altra cugina minorenne per questioni da fotoromanzo; o il pericolo di fuga, che pare in entrambi i casi implausibile, più ancora che improbabile; infine, la mistificazione degli elementi di prova, che se nel caso di un reo confesso non si pone, nel caso di una indagine che va avanti da oltre 2 anni non dovrebbe porsi: se c'è ancora la possibilità che i sospetti possano confondere i giudici, allora sono questi ultimi da carcerare.
Noi possiamo aspettarci che entrambi i ragazzi scontino la pena che lo stato ha stabilito, in via generale, per i loro comportamenti, per quello che hanno effettivamente commesso: però dopo una sentenza definitiva. Non prima. E in modo analogo, se analogamente responsabili. Così, ci sono due trattamenti opposti per due omicidi (forse) simili. Uno, per il quale il processo è, in fondo, una mera rappresentazione, va a cogliere margherite; l'altra, per la quale il processo sarà decisivo, marcisce in cella. Ma nessuno dovrebbe marcire in cella senza processo, ancora dopo due anni. Il diritto non può essere una legge del taglione, ma qualcosa che, nella sua severità, garantisce il colpevole non meno dell'innocente, il carnefice come la vittima.

Commenti