Ho fatto un sogno: che te ne andavi affanculo |
DREAM
DREAM DREAM...
Mi è
sembrata sconcertante la trovata della moglie di Obama, questa
ingombrante consigliori che ha alienato al presidente,
sfasciandoglielo, l'intero stato maggiore. Sconcertante perchè puro
mammismo onirico, degno più di una campagna elettorale italica che
di una sfida americana. Sconcertante perché discutibile quel
disperato spingere sui sogni, che il primo mandato di Obama ha visto
inesorabilmente traditi. Sconcertante perché questo di Obama è puro
familismo stucchevole, quella moglie che zappa l'orto, quelle figlie
antipatiche e rompicoglioni sempre tra i piedi, loro tre che
ascoltano la mamma mentre dice di votare ancora per... loro, in un
gioco di specchi stralunato, in una democrazia curiosa, formato
famiglia. E per cosa? Perché si sogna, per il sogno, per una Casa
Bianca trasformata in Disneyland. Qui sta tutta l'ipocrisia,
insopportabile, degli Obama, dissimulare il centro delle decisioni
che coinvolgono un pianeta in un innocente parco dei divertimenti,
zucchero filato, tunnel dall'amore e maschere di Topolino. Ma il
potere non è un sogno e il potere della Obama family è una
concretissima realtà, da difendere con una campagna da 4 miliardi di
dollari. E ancora lo chiamano “sogno”. Fossi nell'antagonista
repubblicano (non quel losco idiota di Romney), mi limiterei a
contrapporre uno slogan: basta coi sogni, qui è tempo di fare sul
serio.
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