COL
CUORE IN MANO. IL TUO
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concerto in memoria e/o di beneficenza. Ormai è una corsa
forsennata, non si sale più su un palco se non c'è una buona causa
da difendere, un disastro da arginare, una cara salma da piangere.
Neanche hanno allestito i salvatori dell'Emilia (con cosa? Con
cinquantamila euro al netto delle spese e dei rimborsi per i
“salvatori”, abituati a un certo lusso, a fronte di 20 miliardi
di danni?) che già incalza il memorial amici di Luciano, il tenore
Pavarotti, campionissimo di acuti e di evasione fiscale. Nessun
dorma, che poi non si pigliano pesci. Anche qui, solita compagnia di
giro dei buoni sentimenti e dei ritorni pubblicitari: sarà che non
si vende più un disco, e farsi vedere col cuore in mano, male non
fa. Tanto poi paga il grato pubblico. Solo quest'anno, loro per
Genova, o Genova per loro, e prima ancora l'Abruzzo, ed ecco
l'Emilia, e poi e poi e poi. Col cuore in mano: ma il tuo. Di mezzo
c'è sempre qualche sopracciglioso premio decaduto, qualche
fondazione a gestione familiare, che a me personalmente ricordano
quelle bancarie. Luciano, Faber, Gaber, Ivan e chi più ne ha più ne
riesumi; c'è una sovraesposizione molto più incombente di quando
c'erano e lottavano insieme a noi. Queste fondazioni sono piuttosto
arroganti, non si può sindacare il loro operato, non si può
eccepire sulle compagnie di giro che le affollano, non si può dire
niente, che arrivano certe letterine, cortesi nella forma, minacciose
nella sostanza, che si possono anche interpretare così: abbiamo modi
e mezzi per farvela pagare. Nei mezzi ci sta la stampa amica, spesso
embedded, cioè tutta perché chi si azzarda a parlare meno che in
termini agiografici dei carissimi estinti? E questo martirologio
francamente dà più fastidio dello stesso merchandising, specie se
avvolge certi finti anarchici che dell'antagonismo di pensiero
avevano fatto la loro bandiera. Non si può dire che furono artisti
discreti, bravi, ma a lungo sentire anche indigesti, noiosi,
pretenziosi; non si può dire che le loro scivolate qualunquiste
furono a volte micidiali, che la loro coerenza era discutibile, che
nel loro dare di maiali alla borghesia erano pelosissimi, perché
loro rispetto a quella borghesia porca erano andati oltre, dentro
un'aristocrazia laica con le ville, le tenute, le magioni (sarebbe da
rileggersi l'affilatissima polemica che, in tempi non sospetti, Enzo
Tortora mosse verso Gaber). Artisti bravi, discreti, che spesso
debbono la loro fortuna musicale a musicisti dal peso mai
sufficientemente riconosciuto, il caso della PFM con De Andrè è
paradigmatico. Artisti con contraddizioni personali, esistenziali a
volte imbarazzanti, sulle quali si glissa, ci si autocensura come
conviene con i santi. Tanto gli eredi dimenticano tutto, tranne le
royalties postume. C'è chi vuole imporre nei programmi scolastici
l'opera omnia di questi ultraborghesi antiborghesi: perché citarli
fa sentire più intelligenti? Perché da una posizione di
pseudoanarchia, di opinabile verginità ideologica, vellicavano
pulsioni socialpopuliste? Perché aiutavano, e aiuterebbero ancora
oggi, la causa della rivoluzione chic, colta, alta (insomma: certi
testi erano più che altro da liceo) che non si sporca le mani?
Dalla rifondazione alle fondazioni. Ma allora bisognerebbe ricordarsi
anche di tante altre cose, di certi deliri stile filobrigatese (su
Aldo Moro, per esempio), di alcune certezze immature e di comodo, di
come anche queste alte coscienze civili sapevano manipolare la
stampa, con cui avevano rapporti di intimità. Nelle scuole non si
insegnano ancora come Dio comanda Mozart e Leopardi; forse i vari
Faber, Gaber e Pavarotti, con buona pace delle fondazioni familiari, possono
attendere.
Dove si può reperire quanto detto da Tortora su Gaber?
RispondiEliminaMi ha mosso molta curiosità.
Grazie, Giorgio.
E' riportato nel libro "Applausi e sputi", di Vittorio Pezzuto, Sperling & Kupfer.
EliminaGrazie, lo cerco subito.
EliminaGiorgio