POTRESTE VOI CORRERE
SULL'ARIA?
Patate e marijuana,
questa, sostiene Bolt, è la dieta che lo fa filare come un reattore.
Che sia un po' strafatto non ci piove, anche se esagera ad uso e
consumo degli sponsor, quindi in definitiva pro domo sua: tutti quei
balletti da ritardato si traducono in soldoni che gli piovono in
tasca. Usain, a forza di fare il simpatico, diventa stucchevole:
prima o poi, con tutti quei piegamenti alla don Lurio rimedierà uno
stiramento prima di partire. Però intanto parte e arriva:
riuscireste, voi, a correre sull'aria? A vederlo accelerare, è
impossibile scampare una profonda malinconia per come siamo fatti,
noi piccoli uomini tracagnotti e stortignaccoli mentre lui fila,
vento nel vento. Si avverte anche un lieve senso di sgomento, perché
è chiaro che un essere umano non può fare quello che fa lui, anche
se lui lo sta facendo, proprio adesso, sotto i tuoi occhi e a quelli
del mondo intero. Di solito parte maluccio, forse ancora stonato
dalle patate, dal condimento o dai balletti pre gara, poi verso i
trenta metri succede qualcosa. Usain si alza in volo, levita, lievita
come una torta e per quattro o cinque secondi mette il turbo, poi
quasi rallenta, frena come un aereo sulla pista d'atterraggio, se no
chissà dove va a finire. La sensazione è regolarmente quella di uno
che non si è impegnato abbastanza, che poteva correre meglio, che è
andato, incredibile ma vero, un po' col freno tirato e forse è
qualcosa più di una sensazione, forse il buon Bolt dosa i suoi
trionfi, ritocca centesimo a centesimo record mondiali e olimpici,
così gli sponsor sono contenti e sono altre tempeste perfette di
milioni che gli cascano addosso. Dicono che non potrà durare, che
altri pretendenti verranno a stanarlo, a superarlo. Di certo c'è
che, dopo le sue terrificanti prove di velocità, la media generale
si è abbassata, oramai quasi tutti e otto i finalisti dei cento
metri possono correre in meno di 10” ed è tutto merito (oltre che
di alchimie, presumibilmente, più o meno proibite, e non a base di
“maria”) di questo allampanato ragazzone, questo Peter Pan alto
due metri che fa il gonzo ma è veloce col conto in banca almeno
quanto lo è inforcando le scarpette. È inevitabilmente diventato
una gloria patria, il più fulmineo in un Paese di frecce umane; e
per la Jamaica, questo splendido, spaventoso paese dove tutti
cantano, ballano, fumano e si staccano allegramente la testa a colpi
di machete, un esempio vincente, positivo, solare, ci vuole; Usain
Bolt è il tipico figlio della sua terra, nonché il più adatto a
rappresentarla; affianca, se non sostituisce, il sempitermo Bob
Marley, che però era più denso di significati, di messaggi
politici, e di una cupa tetraggine che un po' stonava con
l'irresponsabile gioiosità della Jamaica. Bolt invece è sempre
allegro, sempre contento, sempre irresponsabile, non s'impiccia di
politica, non vuole risvegliare le coscienze, fa il buffone, poi nove
secondi di lavoro, poi ancora il buffone che abbraccia pupazzi.
Quindi scende negli spogliatoi, dove lo attende uno sformato di
patate, il suo piatto preferito. A patto che non manchi il
condimento.
Commenti
Posta un commento