Passa ai contenuti principali

L'ALBERO

Laura Fortin, Selfportrait in Blue

L'ALBERO
Per me c'è solo il tempo che non c'è
Sono la canzone mai suonata
Quello che ho perduto senza averlo
Sono il tarlo d'un rimorso insonne
La condanna a mille anni dispersi
L'eredità di racconti contorti
Sono i denti di una ragazza morta
Candidi come la vergine neve
Il sorriso affogato nel vento
D'un'estate dai vestiti sbiaditi
L'offesa del tramonto sulla piazza
Uccisa di saracinesche scese
La piaga ancora accesa sulla pelle
Il pazzo che nel brutto trova il bello
E irriso affoga nel mare di stelle
Tutte le partenze inevitate
Inchiodate a un relitto di gioia
E per quanto io voglia dormire
Il mio riposo di foglia si ferma
Sul rasoio che taglia la mente
Al capolinea d'un cerchio di fumo
Le stazioni diverse per ciascuno
D'un'unica viacrucis che ho imparato
Ad attraversare con rispetto
Sono il silenzio di vetro di Dio
Il mio eterno credito con lui
Che mi sfugge, non mi sa incontrare
Sono la schiavitù della virtù
Vanità più truce, un masso blu
Sul balcone piovuto un pomeriggio
Fisso, umbratile d'inutile età
Il mio essere solo in mezzo al mondo
In qualsiasi momento in ogni posto
Sono il niente che non basta mai
Il pallone sfuggito alla mano
Del bambino che si sente mancare
Si sente volar via nello sgomento
Lontano di vertigine divina
Il richiamo di un tram arancione
Con sopra lo stemma del Comune
Il vecchio tatuaggio di bambino
Della vaccinazione sulla spalla
Risucchiato dalla malinconia
La pioggia di maggio in fondo al cuore
La voglia di fuggire via ma dove?
Che al sole d'un cavalcavia s'impiglia
Il rumore di fondo dei pensieri
Nel bagliore di luci dai portici
Per di colpo cadere nei tuoi sbagli
Capire che hai finito le risorse
Sentirsi estraneo perfino a se stesso
Come un albero coi rami tagliati

Commenti