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IL DIO MARCHIONNE


IL DIO MARCHIONNE
Se si tratta di salvare la Fiat, di potenziare Mirafiori e Pomigliano, di far capire alla Camusso che il sindacalismo parolaio non ha più senso, di mettere la museruola a gente come Cremaschi e Landini della Fiom e alle loro pretese a volte demenziali, se la posta in gioco è stringere alleanze con la Chrysler per garantirsi una sopravvivenza internazionale, va bene. Ma se il gioco porta a chiudere proprio Mirafiori e Pomigliano, gli stabilimenti salvati, trasferendo le baracche dove ci stanno altri disperati più disperati ancora dei nostri da sfruttare, allora il supermanager Marchionne non lo seguiamo più. La domanda da porgli è una, è la più semplice: che fine fanno i disgraziati di quegli stabilimenti e le loro famiglie? E che fine fa il Paese se il principale gruppo nazionale si sfila e contemporaneamente il ministro degli Esteri invita le aziende a delocalizzare in Vietnam? Allora diciamo chiaro che la tanto pompata ripresa è una farsa, che stiamo lavorando per dismettere l'Italia, per ridurla un protettorato coi cartelli ai confini: chiuso per cessata attività.
Se Marchionne si permette di far trapelare un ricatto del genere, vuol dire che ha calcolato le sue mosse e sa di poterselo permettere, sa di non avere chi possa contrastarlo. Certo non i quattro spaventapasseri dei centri sociali e della Fiom-Cgil, per dire le risorgenze eversive, terroristiche. Servirebbe in questo passo un partito di sinistra forte come era il Pci, capace di negoziare, di strappare d'intesa col sindacato ripensamenti almeno parziali, di ricondurre a ragione la deriva del profitto quando non tiene più conto di nessun altro valore, quando è convinto di avere trionfato. Ma una sinistra affidabile non c'è. O le fughe oniriche nel passato degli irresponsabili che appoggiano i tumulti notav, o il coacervo indistinto di Bersani, uno che riesce contemporaneamente a salire sui tetti con gli agitatori dei centri sociali e a sostenere un governo di banchieri. Bersani ha appena infilato un altro capolavoro, la figuraccia palermitana della Rita Borsellino, questa rompicoglioni dell'antimafia, eterna candidata a tutto, collezionista di poltrone. La Borsellino, se volete credere a uno che l'ha incrociata, che è passato per il circo antimafia lasciandolo per nausea, è di quelle che piangono e contano, una astrazione retorica o onomastica, puro apparato che se la prende coi poteri forti che invece la appoggiano, la impongono, la sovvenzionano. Ma non basta perché al di fuori del professionismo antimafia non la sopporta nessuno, a Palermo le hanno preferito un rampante che pare un personaggio di Albanese, ed era appoggiata dal PD di Bersani, partito che non c'è. E questo leader, politicamente un fallito, dovrebbe riuscire a indurre a più miti consigli la frenesia da profitto di Marchionne? A questo punto sì, è meglio destituirlo, confinarlo nel suo castello piacentino a godersi una pensione costruita sul nulla. Ma chi, dopo di lui? Un altro burocrate, un altro dinosauro a farsi dettare da tutti una linea che non c'è per un partito, affari a parte, che non esiste?

Commenti

  1. il problema è tutto là: il ricambio generazionale non c'è e si vede. a questo punto confido nei figli degli immigrati, quelli che si occuperanno di spedirci in qualche ospizio, sperando che nel frattempo ci sia ancora un paese per cui varrà la pena di lottare.

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    1. Bandiera bianca: solo i gatti ci salveranno, e Nerino sta per ricevere un nuovo amico; tanto, ha già capito, quel furbo...

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    2. vedrai che magnifica nuova avventura vi aspetta... lunga vita ai gatti :-)

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